lunedì 13 gennaio 2014

L'ordoliberalismo, ovvero le radici della moderna politica economica tedesca

Meglio nota come Economia Sociale di Mercato o anche come neoliberalismo tedesco è una dottrina nata negli anni '30 in Germania da un gruppo di economisti sotto il nome di Scuola di Friburgo. Il principale artefice di questa dottrina fu il professor Walter Eucken, il quale fondò la rivista "Ordo" nel 1948, ma ancora più importante fu la pubblicazione del suo lavoro "Grundlagen der Nationalökonomie" (I fondamenti dell’economia), una pietra miliare nella storia del pensiero economico tedesco. Tra gli studiosi che contribuirono all'elaborazione e alla diffusione dell'ordoliberalismo vi furono economisti come Alexander Rüstov e Wilhelm Röpke e giuristi come Hans Grossman-Dörth e Franz Böhm; questi ultimi condirettori insieme ad Eucken della rivista "Ordo". L'ordoliberalismo ebbe una notevole influenza nella Germania del dopoguerra tant'è che l'art.20 della Grundgesetz (la Legge Fondamentale) recita che la Repubblica federale di Germania è uno Stato democratico e sociale.
Fu poi alla base del miracolo economico (Wirtschaftswunder) negli anni della ricostruzione grazie alla figura di Ludwig Erhard che fu ministro dell'Economia dal 1949 al 1963 quando fu nominato cancelliere, incarico che ricoprì fino al 1966.
 
L’ordoliberalismo non vede il mercato esclusivamente come uno strumento utilitaristico orientato all’efficienza o come un fine in sé; lo vede piuttosto come un mezzo per garantire effetti liberali, favorendo la decentralizzazione negli ambiti sociali, politici ed economici della vita.
Secondo questa scuola di pensiero il mercato deve essere regolamentato da leggi che impediscano il formarsi di monopoli o oligopoli ma che comunque consentano il libero cambio senza l'ingerenza dello Stato. Era ed è quindi una terza via tra la politica del laissez-faire ed il totalitarismo. In altre parole, lo Stato deve creare e tenere in efficienza la cornice istituzionale del libero ordine economico, ma senza intervenire nei meccanismi di segnalazione del prezzo e allocazione delle risorse che caratterizzano il processo economico competitivo.
Questa è l’essenza della "Ordnungspolitik" (politica dell'ordine).
 
Eucken fissa otto principi costitutivi e quattro principi regolatori per questa “politica dell’ordine”. La costituzione dell’ordine presuppone l’attuazione del principio-base, ovvero la messa in opera di un sistema efficace di formazione dei prezzi. Tutto ciò che ostacola il funzionamento di questo primo principio costitutivo, come una politica anticiclica, la formazione dei monopoli e i controlli sui cambi, non dovrebbe figurare nella politica economica.
 
Il secondo principio concerne il “primato della politica monetaria” come mezzo per salvaguardare la stabilità di valore del denaro. L’inflazione e la deflazione “aperte” generano disallineamenti tra le relazioni di prezzo di beni diversi e distorcono i calcoli di costo dei singoli operatori. L’inflazione “repressa”, ossia il blocco dei prezzi e l’introduzione del razionamento dopo l’espansione forzata della massa monetaria, secondo lo schema perverso adottato da Hitler nel 1936, distrugge il meccanismo di formazione del prezzo. Puntando prioritariamente alla stabilità dei prezzi, Eucken propugna un meccanismo automatico di stabilizzazione, tramite uno standard fisso legato a un bene di riferimento. Nel contempo è molto critico sugli accordi di Bretton Woods, con il loro compromesso tra diversi ordini monetari nazionali ma senza l’automaticità normativa e la stabilità dei prezzi e delle valute rispetto a uno standard fisso, come la parità con l’oro che vigeva nel XIX secolo.
Il primato della stabilità dei prezzi nello schema di Eucken ha avuto un grosso peso nella politica monetaria postbellica della Germania Occidentale, gestita da una Bundesbank indipendente. Poiché i Paesi della comunità internazionale non intendevano sottomettersi alla disciplina di uno standard collettivo legato a un bene di riferimento, le speranze che riponeva Eucken in uno stabilizzatore automatico andarono ovviamente in fumo.


Il terzo principio è quello dei mercati aperti, che esclude l’intervento discriminatorio dello Stato e garantisce la libertà di commercio. La politica economica dovrebbe proibire la chiusura dei mercati da parte di soggetti privati: la cosiddetta "Behinderungswettbewerb". Eucken afferma che la normativa sui brevetti ha favorito il processo di concentrazione e la formazione dei monopoli, tagliando fuori la concorrenza.
Preferirebbe sostituire i diritti esclusivi di brevettazione con un sistema di licenze obbligatorie che consentisse ai licenziatari di sfruttare economicamente le innovazioni, lasciando così aperti i mercati dal lato dell’offerta.
 
Il quarto principio costitutivo è quello della proprietà privata, una precondizione indispensabile per tutelare la sfera privata degli individui, in cui possono agire liberamente senza coercizioni da parte altrui.
 
Poi viene il principio della libertà di contrattazione, che non si dovrebbe estendere tuttavia alla libertà di impedire agli altri di esercitare la propria libertà di contrattazione.
 
Segue il principio della responsabilità. Anche la limitazione della responsabilità, specie attraverso le società a responsabilità limitata e le società quotate in Borsa, ha contribuito al processo di concentrazione. Per Eucken, il consiglio di amministrazione o l’azionista di maggioranza dovrebbero rispondere in toto delle obbligazioni sociali per coniugare nel modo più efficace rischio e responsabilità.
 
Il penultimo principio costitutivo è la “costanza della politica economica”, onde evitare esperimenti che tendano ad alterare abitualmente i dati economici e a creare un clima di insicurezza che potrebbe indurre gli operatori privati a non assumersi rischi e non effettuare investimenti.

L’ultimo principio concerne l’interdipendenza di tutti gli altri principi costitutivi, che si dovrebbero applicare in ugual misura.

I principi regolatori che assicurano il buon funzionamento dell’ordine economico dovrebbero integrare i principi costitutivi testé elencati. Il più importante è la politica della concorrenza. Occorre sottolineare a questo punto che il modello economico di Eucken si impernia sulla concorrenza “perfetta” o assoluta – quella che chiama  "vollständige Konkurrenz" – in cui l’offerta e la domanda si incontrano a prezzi di equilibrio che eguagliano a loro volta il costo marginale. Qualunque deviazione dal predetto equilibrio, che si determina quando il prezzo è superiore al costo marginale, rappresenta una situazione di monopolio in cui il mercato è controllato da uno o più attori. L’azione del governo dovrebbe correggere lo squilibrio e riportare il mercato ai prezzi di equilibrio.

Quasi tutte le forme di monopolio verrebbero ostacolate da un’applicazione efficace dei principi costitutivi della politica economica. Ma per quei monopoli che in un modo o nell’altro si infilano tra le maglie della rete e rimangono ancora in vita, entra in gioco la politica antitrust. Un’autorità antitrust indipendente dovrebbe spezzare ove possibile i monopoli e vigilare sui monopoli naturali (come le utility) che continuano a sopravvivere. Oltre a vietare pratiche ostative della concorrenza come il boicottaggio, la discriminazione sul prezzo e i cartelli, la legge dovrebbe anche consentire all’autorità antitrust di fissare prezzi per i monopoli residui e farli agire come se operassero in regime di piena concorrenza.

Va però detto che questo è probabilmente l’aspetto più irrealistico e fallace dell’opera di Eucken e della prima scuola di Friburgo. Almeno sotto questo aspetto, l’una e l’altra si affidano a modelli neoclassici iper-astratti, anziché al concetto più realistico e immediatamente applicabile dell’ordine di mercato, immanente
classica.

Come affermava Hayek, il presupposto della concorrenza perfetta –quindi che tutte le informazioni siano disponibili, i costi siano immediatamente calcolabili e i risultati della concorrenza si possano prevedere adeguatamente – sono irrealistici per la concorrenza che sperimentiamo nella vita reale. È dunque illusorio ipotizzare che i monopolisti agiscano come se si trovassero a operare in un regime di concorrenza perfetta. Il monopolio è destinato ad avere una presenza rilevante nel mondo reale, specie nelle situazioni di breve periodo.
 
I sostenitori della "Soziale Marktwirtschaft" (Economia sociale di mercato) tedesca impararono presto l'amara lezione impartita dalla veloce salita al potere di Hitler e fecero propri un principio fondamentale dell'allora dottrina sociale della Chiesa, più precisamente la nozione di giustizia sociale: prevenire il formarsi di monopoli e garantire l'esigenza di un ampio numero di aziende di medie dimensioni. Ben prima che la seconda guerra mondiale finisse, un gruppo di economisti, giuristi, sociologi e filosofi tedeschi cominciarono a pensare concretamente ad un possibile novus ordo; un ordine che avrebbe dovuto rimpiazzare il nazismo. Compresero con lucidità teorica che per ricostruire una società umana avrebbero dovuto pensare alla ragioni di un nuovo ordine politico, un nuovo ordine economico e un nuovo ordine morale-culturale.
 
(Testo in parte tratto da una pubblicazione del prof.Razeen Sally, presidente e fondatore della ECIPE - European Centre for International Political Economy)

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