martedì 5 aprile 2016

Referendum 17 Aprile 2016 - istruzioni per l'uso

Vediamo cosa siamo chiamati a votare, perché e cosa comporta l'eventuale vittoria del SI. Come si legge il quesito riguarda solamente gli impianti di trivellazione situati nel mare entro le 12 miglia dalla costa. Al momento ogni impianto è soggetto a concessione, concessione che viene di volta in volta rinnovata alla stessa azienda oppure ad altra fino ad esaurimento del petrolio o quantomeno finché è economicamente conveniente la sua estrazione.
Il quesito chiede se si intende bloccare il rinnovo delle concessioni e fermare l'estrazione alla prima scadenza di ciascun impianto.



Questo referendum non è stato voluto da organizzazioni ambientaliste, da movimenti politici o da semplici cittadini, anche se per la verità il movimento che fa capo al politico Filippo Civati ha provato a raccogliere le firme necessarie ma non aveva avuto successo, ma da 10 consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) e questo a seguito di provvedimenti del governo Renzi che includevano il trasferimento di prerogative dalle regioni allo Stato. Le regioni si sono quindi ribellate ed hanno promosso 8 quesiti, dei quali solo uno (questo) è stato accettato dalla Corte di Cassazione in quanto nel frattempo il governo con l'ultima Legge di Stabilità ha fatto marcia indietro restituendo i poteri alle regioni rendendo quindi gli altri 7 quesiti non più ammissibili.
Se vincesse il SI, ad ogni scadenza delle concessioni gli impianti si fermerebbero e ciò comporterebbe per ovvie ragioni perdite di posti di lavoro. Il petrolio mancante lo si acquisterebbe quindi all'estero penalizzando la nostra bilancia commerciale, in sostanza per dirla in un altro modo: arricchendo i produttori stranieri. La maggior parte degli impianti di trivellazione sono gestite da aziende italiane quali l'Eni.
Le ragioni per cui alcuni partiti e movimenti sostengono il SI sono prettamente politiche e non ecologiste, l'obiettivo è quello di indebolire il governo a scapito dei cittadini, in particolare di coloro che perderebbero il lavoro.