sabato 18 gennaio 2014

Fiscal Compact, la bufala dei 50 miliardi all'anno da pagare o tagliare

Secondo una ricerca OCSE (ma in precedenza ve n'è stata un'altra con risultati analoghi) due terzi degli italiani ha difficoltà a comprendere un testo di media difficoltà. Non so se questo riguardi anche il famigerato Fiscal Compact di cui tanto si parla ma che spesso è citato in modo impreciso, in ogni caso molti italiani non lo hanno ancora compreso e non parlo tanto del cittadino medio, colui che non ha fatto scuole ad indirizzo economico o legale, ma ad alcuni 'economisti' (o che si fanno chiamare tali) e politici che la materia la dovrebbero conoscere bene dato che i secondi le leggi le propongono e le approvano, in particolare quando nell'estate del 2012 fu inserito in Costituzione l'articolo riguardante il pareggio di bilancio (provvedimento superfluo visto che il trattato non lo imponeva) e la ratifica del Fiscal Compact. Eppure ancora oggi alcuni tra economisti e politici fanno delle affermazioni del tutto infondate nonostante si sia fatto presente loro più volte l'errata interpretazione di alcune norme del trattato.

Ma andiamo al punto. Che cos'è questo 'benedetto' Fiscal Compact? Prima di tutto va detto chiaro e tondo che si tratta di un trattato e non di una direttiva europea, questo giusto per replicare a coloro che spesso amano ripetere: "Ce lo chiede l'Europa". L'Europa non chiede nulla di più che il rispetto delle norme contenute nei trattati che volontariamente abbiamo sottoscritto e poi ratificato in sede parlamentare.

Il Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance nell'Unione Economica e Monetaria noto anche più brevemente come Patto di Bilancio Europeo e più comunemente come Fiscal Compact, è un trattato stilato bilateralmente da Francia e Germania e proposto in sede europea. Anche questo è bene ricordarlo visto che talvolta viene descritto come una imposizione da parte della sola Germania. E' stato approvato ed in seguito ratificato da 25 Paesi sui 27 che componevano nel 2012 l'Unione Europea, con l'esclusione della Repubblica Ceca e della Gran Bretagna.
Esso non è altro che la rigida applicazione dei parametri di bilancio contenuti nel precedente trattato di Maastricht, in base al quale si stabilisce che ciascun Paese non debba avere un deficit complessivo maggiore del 3% rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL) e che il rapporto debito pubblico complessivo e PIL non superi il 60%. Nel caso ci si trovi a non possedere uno o ambedue i parametri il Paese dovrà attuare misure per rientrare nei limiti. Va anche aggiunto che è ammesso un disavanzo strutturale dello 0,5% sul PIL, oppure del 1% per i Paesi il cui rapporto debito/PIL dovesse essere inferiore al 60% (questa è la parte che riguarda espressamente il pareggio di bilancio).
Fin qui possiamo dire che non ci sono divergenze di interpretazione. Dove invece c'è chi ancora fa difficoltà a comprendere il contenuto di alcune norme contenute nel trattato riguarda l'intervento richiesto ai Paesi che si trovino ad avere un rapporto debito/PIL superiore al 60%.
Riporto il testo originale dell'articolo 4 sottolineando la parte in discussione:

"Quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% di cui all'articolo 1 del protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato ai trattati dell'Unione europea, tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno come parametro di riferimento secondo il disposto dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi, come modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio, dell'8 novembre 2011. L'esistenza di un disavanzo eccessivo dovuto all'inosservanza del criterio del debito sarà decisa in conformità della procedura di cui all'articolo 126 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea."




Bene, ecco che arriviamo alle divergenti interpretazioni di quanto dispone questo articolo. Alcuni sostengono che sia possibile quantificare il costo medio per il raggiungimento dell'obiettivo di rapporto debito/PIL al 60% e che nel nostro caso corrisponde a circa 50 miliardi di euro all'anno. Perchè viene fuori questa cifra? Semplice, loro prendono in considerazione l'ammontare del debito complessivo di circa 2 mila miliardi di euro e dato che al momento in cui venne calcolato l'importo di 50 miliardi il rapporto debito/PIL era del 120%, ne conseguiva che si doveva dimezzarlo (da 120 a 60%) e che in termini assoluti corrispondeva alla metà di 2.000 miliardi, ovvero 1.000 miliardi. Dato che il tempo a disposizione previsto nel trattato è di 20 anni dividendo 1.000 miliardi per 20 si ottiene 50 miliardi.

Ma è del tutto una interpretazione errata perchè in questo modo si suppone che il PIL non cresca ma rimanga costante nel tempo! La riduzione di cui si parla nel testo del trattato all'articolo 4 riguarda il rapporto tra due variabili che non sono costanti ed è il quoziente che deve ridursi di un ventesimo all'anno.


Chiariamolo con esempio: se si ha un PIL pari a 100 in termini assoluti e un debito pari a 120 sempre in termini assoluti, il rapporto debito/PIL sarà del 120%. Ora se l'obiettivo è di portarlo al 60% in 20 anni, significa che ogni anno il quoziente dovrà ridursi in proporzione, pertanto al primo anno la riduzione dovrà essere pari in percentuale a: (120-60)/20=3%, cioè dopo il primo anno il rapporto debito/PIL dovrà essere pari al 117% e così via fino al ventesimo anno in cui scenderà al 60%.
E' importante poi notare che il PIL di riferimento è calcolato a prezzi di mercato mentre il valore del debito non è influenzato dall'inflazione, quindi ad esempio è possibile che dopo un anno il PIL cresca a 103, per effetto supponiamo di inflazione (es.2%) e crescita reale (es.1%), mentre il valore del debito rimanga invariato a 120. Se calcoliamo il rapporto debito/PIL otteniamo 120/103=116,5% che è inferiore a 117% e quindi in linea con il tasso di riduzione annuale previsto dal trattato. In un caso come questo non si è operato alcun taglio o introdotto nuove tasse, semmai si è provveduto a contenere l'aumento del debito in termini assoluti, operazione che certamente richiede uno sforzo molto inferiore rispetto all'ipotesi (errata) di aggiustamenti di bilancio pari ad 1/20 del surplus di debito.

Quello che dobbiamo fare per raggiungere questo obiettivo è far ripartire la crescita e fare in modo che essa sia in termini nominali la più alta possibile e comunque tale da richiedere eventualmente solo piccoli aggiustamenti di bilancio.

Nessun commento:

Posta un commento