giovedì 22 gennaio 2015

Euro exit (dell'Italia) e tassi di interesse

Qualche sera fa, durante una trasmissione televisiva, l'economista Alberto Bagnai a confronto su temi di economia con Corrado Passera, fondatore di Italia Unica, contestava che una uscita dall'euro da parte del nostro Paese comporterebbe un sensibile innalzamento dei tassi di interesse. Faceva inoltre presente che proprio sul suo blog aveva pubblicato pochi giorni prima un articolo a sostegno della sua posizione.
Ebbene, più volte si è spiegato il perché invece queste siano previsioni del tutto fondate e vediamo di ribadirlo per l'ennesima volta verso coloro che desiderano davvero capire come stiano le cose.

Supponiamo che una domenica il governo annunci di volere uscire dall'euro. Il lunedì successivo i mercati verrebbero tempestati da richieste di vendita di titoli del debito del governo italiano, titoli che verrebbero scambiati a prezzi decisamente inferiori, perché?
Per spiegare il motivo in maniera comprensibile ai più che non masticano quotidianamente argomenti di carattere finanziario si immagini di avere un milione di euro investito in BTP (o altro titolo). E' pacifico che la nuova valuta che adotterà l'Italia (presumibilmente di nuovo la lira) convertita con ogni probabilità alla pari con l'euro subirà una forte svalutazione che, secondo gli economisti, non sarà meno del 20%. Ebbene, una volta che la lira sarà scambiata sul mercato delle valute tale svalutazione avrà luogo nel giro di pochi giorni, se non di poche ore, e con questo tutto ciò che è espresso nella medesima valuta. Nello specifico un BTP che è stato emesso per un valore nominale di 100 € verrà ridenominato in lire alla pari (supponendo che la conversione avvenga 1 lira x 1 euro, ma quand'anche fosse un rapporto diverso non cambierebbe nulla) e quindi 100 lire. Ora, se la lira dovesse svalutarsi ad esempio del 20% (prendendo quindi il livello minimo previsto) il possessore si vedrà rimborsare alla scadenza 100 lire. Nel nostro esempio complessivamente riceverebbe un milione di lire. Vediamo con quali vantaggi o svantaggi:

Residente italiano
Nel caso il possessore sia un risparmiatore italiano ed ipotizzando che vi sia almeno fino a quel momento un tasso di inflazione molto basso egli si vedrà rimborsare un milione di lire e manterrà lo stesso potere di acquisto se si limita ad acquisti in Italia perché se volesse comprare qualcosa all'estero gli costerebbe il 20% in più (o comunque per quanto è stata la svalutazione), ergo perderebbe potere di acquisto.
Se però trasferisse il proprio investimento da titoli italiani vendendo nel nostro caso i BTP per acquistare titoli in altra valuta come ad esempio Bund tedeschi (in euro), Treasury USA (in dollari) o altro, al momento del rimborso egli riceverebbe il corrispettivo in quella valuta (euro, dollari o altro) mantenendo lo stesso potere di acquisto per beni e/o servizi acquistati all'estero mentre per quelli effettuati in Italia conseguirebbe un incremento del 20% (o pari all'importo della svalutazione avvenuta) dopo aver cambiato l'ammontare in lire.
Nel nostro esempio riceverebbe ad esempio un milione di euro nel caso abbia investito in titoli emessi in quella valuta e si vedrebbe ricevere un milione e duecentomila lire.

Investitore straniero
Nel caso di un investitore straniero egli avrà sempre convenienza a vendere titoli italiani perché se intende investire nel nostro Paese la convenienza starà nel momento del rimborso del titolo, che se effettuato in valuta (esempio euro o dollari), subirà un incremento di valore al momento della conversione in lire per l'effetto della svalutazione. Se invece intende riottenere quanto investito nella valuta del proprio Paese di residenza egli subirebbe una perdita pari alla svalutazione stessa (nel nostro esempio 20%), pertanto sarà ancora più incentivato a vendere titoli italiani.

Insomma non serve molto per capire che ai possessori di BTP (o altro titolo) conviene in ogni caso liberarsi di titoli italiani al più presto onde mantenere inalterato il proprio investimento in termini di potere di acquisto o diversamente per conseguire un guadagno!

Effetto sui tassi di interesse
Spiegato il perché gli investitori, italiani o stranieri, venderanno quanto prima titoli italiani in caso di uscita dall'euro, spieghiamo ora il motivo per il quale questo influirà sui tassi di interesse.
Il rendimento di una obbligazione sovrana è in genere la somma tra la cedola prevista (l'interesse che l'emittente paga a fronte del prestito) e la differenza tra il prezzo di aggiudicazione e quello nominale (o di rimborso). Ad esempio se un BTP triennale con cedola del 1% ha valore nominale 100 euro e viene collocato al prezzo di 97 euro, il rendimento sarà grosso modo del 2% annuo in quanto all'interesse della cedola del 1% che si percepirà ogni anno (1 euro) si dovranno sommare i 3 euro derivanti dalla differenza di prezzo per un totale di 6 euro su un periodo di 3 anni.
Se a seguito di una svalutazione il valore del titoli subisse un calo dovuto alle ingenti vendite per i motivi appena spiegati, gli investitori pretenderanno una compensazione che può essere fatta dall'altra variabile, ovvero l'interesse offerto con il titolo. Diversamente il governo venderà titoli a prezzi decisamente inferiori rispetto a quanto fatto fino a quel momento.

Esempio, se il governo fino all'annuncio dell'uscita dall'euro vendeva BTP da 100 euro con cedola al 2% a 97 euro e se dopo l'annuncio il prezzo crollasse a 80 euro, il governo avrebbe due possibilità:
1) Mantenere la stessa cedola ma riceverebbe 80 euro per ogni BTP venduto.
2) Aumentare il tasso di interesse offerto.

Dato che la seconda ipotesi è quella sostenibile si è spiega quindi il perché i tassi di interesse salirebbero (e di molto) per i titoli di Stato. E dato che le scelte di un risparmiatore derivano dal confronto tra le diverse forme di investimento è facile comprendere come non possono coesistere tassi debitori bassi (a fronte di un prestito bancario) e tassi creditori (a fronte di un investimento) alti, altrimenti ogni cittadino chiederebbe un prestito in banca per investirlo in titoli lucrando la differenza. Da qui l'innalzamento dei vari tassi di interesse passivi.

Il prof.Bagnai ha mostrato dati che dimostrano che i tassi di interesse non sono sempre cresciuti a fronte di svalutazioni. Vero, ma il contesto in questo caso sarebbe alquanto differente rispetto a quanto accaduto in passato.

Va detto che vi è anche la possibilità di rinunciare alla ridenominazione dei titoli in lire, mantenendoli quindi nella valuta di emissione (euro), ma questa soluzione implicherebbe un incremento del debito pubblico pari quasi totalmente proporzionalmente all'ammontare della svalutazione con conseguente maggiore onere in interessi da pagare.