venerdì 4 aprile 2014

L'uscita dall'euro dal punto di vista giuridico

Ora che la discussione tra rimanere nell'euro o uscirne per tornare ad una moneta propria si fa sempre più accesa, poco se non nulla si parla della questione dal punto di vista giuridico. Anzi, a leggere o ascoltare alcuni interventi di economisti ed esponenti della politica pare che una scelta del genere possa essere presa nel giro di pochi giorni e realizzata poi in breve tempo. Ma è così? Assolutamente NO! Temo che questi non abbiano bene in mente la questione sotto il profilo giuridico, delle norme contenute nei trattati.

Intanto per rimanere in ambito italiano la decisione dovrà essere presa dal Governo e poi approvata dal Parlamento. Quindi chi pensa che questa potrà avvenire in tempi brevi si sbaglia (e di tanto). Il Governo insomma passerebbe la proposta al vaglio delle Camere le quali dopo lettura, consultazioni, dichiarazioni di voto eccetera eccetera procederanno alla votazione e solo ad approvazione avvenuta si può intendersi conclusa solo la prima fase.


La seconda fase riguarda la comunicazione al Consiglio Europeo (composto dai capi di Stato e di Governo della UE) così come previsto dall'art.50(*) del Trattato sull'Unione Europea. E qui potrebbe nascere il primo ostacolo, perchè tale articolo prevede la richiesta da parte di uno Stato membro di non far più parte dell'Unione Europea, non dell'eurozona. Infatti non c'è alcun articolo nei trattati che contempli la sola uscita dall'eurozona e la contestuale permanenza nella UE.
Con ogni probabilità quindi, il Consiglio Europeo rimanderà tale questione alla Corte di Giustizia Europea per chiederne il parere circa la legittimità di questa richiesta.


Personalmente ho avuto modo di leggere articoli e ascoltare dibattiti sull'argomento e nessun esperto giurista è in grado di dare una risposta certa sulla questione. Ciascuno ha una propria opinione ma la garanzia che l'alta Corte europea possa dare parere favorevole a questa ipotesi non c'è. Potrebbe infatti respingere la richiesta perchè non contemplata esplicitamente nei trattati, sulla base quindi di una stretta interpretazione della norma e a questo punto all'Italia non rimarrebbero che due possibilità: presentare formale richiesta di uscita dalla UE (ripetendo però l'iter parlamentare) o un escamotage che prevede la contestuale richiesta di uscita dalla UE e quella di nuova adesione escludendo quella all'eurozona. In questo caso però è possibile che l'Italia venga temporaneamente esclusa dalla UE in attesa che venga approvato il suo rientro.


Qualsiasi soluzione venga presa di sicuro prevederà tempi non brevi visto che l'art.50(*) citato prevede, nei casi di richiesta di uscita dalla UE, che la risposta avvenga entro 2 anni e dopo le consultazioni avviate dalla Commissione Europea così come contemplato dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea.


(*)Articolo 50
1.
Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione.

2.
Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un
accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Unione. L'accordo è negoziato conformemente all'articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Esso è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.


3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al
paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine.

4.
Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano.
Per maggioranza qualificata s'intende quella definita conformemente all'articolo 238, paragrafo 3, lettera b) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

5.
Se lo Stato che ha receduto dall'Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto
della procedura di cui all'articolo 49.


Pensare quindi che uscire dalla moneta unica, dal momento in cui il governo nazionale prenda questa decisione a quando si avrà il responso dalla UE (sempre che per quanto detto venga accolto) dando così il via alla procedura vera e propria di cambio valuta, possa comportare tempi brevi è del tutto privo di fondamento così come priva di fondamento è l'idea di poter cambiare banconote e monete metalliche ad una intera nazione nel giro di pochi giorni o mesi.


E intanto come reagirebbero i mercati ad un iter che come si è visto è destinato a prolungarsi nel tempo? Nel caso la UE (come possibile) dovesse respingere la richiesta di sola uscita dall'euro, saremmo disposti a chiedere quindi quella dalla UE? Non credo, perchè se l'uscita dalla moneta unica comporta scenari quantomeno incerti, quella dalla UE avrebbe sicuramente prospettive negative sulla nostra economia.