venerdì 12 agosto 2016

L'Italia ha bisogno di una "Agenda Schröder"

Con la divulgazione da parte del nostro Istituto Nazionale di Statistica del dato previsionale del Prodotto Interno Lordo relativo al secondo trimestre, si confermano le difficoltà in cui versa ancora la nostra economia. Una difficoltà che non accenna a scomparire nonostante i vari interventi dei nostri ultimi governi. Già, ma quali interventi? Siamo sicuri che si siano adottate quelle azioni che sarebbero dovute essere le più efficaci e non invece qualche misura giusto per tamponare? Il Jobs-Act è fondamentalmente una buona legge, almeno dal mio punto di vista, ma non aumenta l'occupazione. Il suo obiettivo era infatti quello di diminuire la quota di contratti precari a favore di quelli stabili. E così è avvenuto. Ma per aumentare l'occupazione, il cui tasso è uno dei più bassi tra i Paesi maggiormente industrializzati, occorre aumentare la produzione sia di beni che di servizi. Bisogna agire sia sulla domanda riducendo la pressione fiscale e sia sull'offerta agendo allo stesso modo sulla pressione fiscale che grava sulle attività e operare in quelle aree che oramai sono a conoscenza di tutti: ridurre la burocrazia, lotta all'evasione fiscale e alla corruzione, migliorare la Giustizia velocizzandola. Insomma tutte cose che sappiamo da anni e che ripetiamo ogni anno, ogni mese, ogni giorno, senza però mettere in pratica ciò che serve.

Ad oggi in alcuni casi conviene quasi aprire e proseguire una attività eludendo le regole in vigore piuttosto che rispettarle correndo il rischio di dover poi chiudere nell'attesa di ottenere tutte le autorizzazioni. Conviene anche non pagare i fornitori, tanto prima che la Giustizia faccia il suo corso il fornitore fa prima ad andare in pensione o fallire.
L'Italia poi è divisa in due, o forse in tre macroaree. Una, principalmente localizzata nel settentrione, che sta registrando tassi di crescita se non proprio apprezzabili almeno sufficienti. Un meridione, che tranne qualche eccezione, annaspa ed una rimanente terza area che si pone in mezzo. Risultato: una crescita complessiva che rimane confinata tra lo zero e l'1%.

Ma il nostro Paese per la situazione in cui si trova in termini di occupazione (poca), disoccupazione (molta) e tasso di povertà (in crescita e con livelli allarmanti) necessita di tassi annuali di crescita del 2% minimo e dello 0,5% trimestrali, almeno sino a ridurre della metà il tasso di disoccupazione generale, di due terzi quello giovanile e sensibilmente quello della povertà.
Per ottenere questo occorrono misure concrete e coraggiose guardando ad esempi che non sono poi tanto distanti, sia per la distanza geografica che nel tempo, e mi riferisco alla Germania, la Germania che a fine anni '90 non viveva una situazione molto diversa dalla nostra. Cresceva di più, questo sì, cresceva a tassi reali attorno al 1,8% dal 1995 al 1999 mentre l'Italia mediamente faceva qualcosa in più. Per non parlare della Francia che viaggiava, sempre mediamente, oltre il 2% o addirittura della Spagna che correva al 4% circa.
La disoccupazione nel 1998 in Germania era oltre il 9%, le entrate fiscali ammontavano a circa al 45% del PIL mentre la spesa pubblica al 47,5%. Insomma la Germania era considerata dagli economisti la malata d'Europa!

Nel mese di Ottobre del 1998 viene nominato Cancelliere della Germania l'allora Presidente del Bundesrat nonché Presidente del Land della Bassa Sassonia, il socialdemocratico Gerhard Schröder. Schröder sostituì una figura che dieci anni prima era considerata quasi inespugnabile: Helmut Kohl. Ma la situazione economica portò l'elettorato a cambiare ed a preferire un esponente della SPD al posto del governo CDU.
Schröder affrontò subito la situazione mettendo a punto un pacchetto di riforme fiscali (Steuerreform) che furono varate nel Luglio del 2000 dal Bundestag con efficacia dal 2001.
Questo pacchetto riguardava la riduzione della aliquota fiscale di ingresso (la prima, la più bassa), che passò dal 25,9% al 15% e di quella più alta che scese dal 53% al 42%.
Vi fu una riduzione delle imposte sulle società dal 40% sugli utili non distribuiti e del 30% sui dividendi al 25% per entrambi.
Venne introdotta la cosiddetta "Optionsmodell", una facoltà concessa alle società di persone di essere tassati come una società di capitali.
Vennero poi introdotte altre misure a favore delle imprese come ad esempio l'esenzione fiscale sugli utili derivanti dalla vendita di azioni di società di capitali realizzati da altre società di capitali.
Vi sono stati anche maggiori investimenti pubblici, ad esempio alla cultura modernizzando diversi musei e allo sport rinnovando lo stadio olimpico di Berlino (Olympiastadion).
Nel 2001 la pressione fiscale scese sotto il 44%, quasi due punti percentuali in meno dell'anno precedente. La spesa pubblica, che nel 2000 era scesa dal 47 al 44%, salì nel 2001 al 46,8% e poi ancora al 47% nel 2002. Quello fu l'anno in cui la Germania violò il parametro del 3% sul rapporto deficit/PIL stabilito nel Trattato di Maastricht.


(Estratto della relazione redatta dalla Commissione Europea nel 2002 e tratta dal sito internet della stessa)

Nel 2000 il PIL della Germania era crescuto del 3,2% e nel 2001 del 1,8%. Nel 2002 l'economia però risentì della congiuntura mondiale negativa conseguente gli attentati del 11 Settembre 2001. Le esportazioni, cresciute del 17% nel 2000, videro un calo del tasso di crescita nel 2001 al 6,8% e al 2% nel 2002.
L'economia tedesca dal 2002 attraversò una fase in cui non sembrava riprendersi, ma Schröder anziché tornare sui propri passi decise che quella via doveva essere perseguita e per far tornare i conti varò la famosa Agenda 2010 includendo le altrettanto note riforme Hartz, una serie di riforme volte a migliorare il mercato del lavoro e alla riduzione dei costi del welfare. Nominò un ex dirigente Volkswagen, Peter Hartz, a capo di una commissione composta da rappresentanti di ogni settore della società: dirigenti di aziende pubbliche e private, dirigenti sindacali dei lavoratori e delle organizzazioni imprenditoriali, economisti e docenti universitari e anche esponenti politici oltre che di importanti società di consulenza manageriale.


Immaginate il nostro governo realizzare una commissione simile con lo scopo di predisporre una serie di proposte per far uscire il Paese dalla situazione di difficoltà economica! Non l'incarico ad una persona soltanto, ma ad un pool costituito da rappresentanti di tutte le categorie sociali, dove ciascuna fornisce il proprio specifico contributo dal punto di vista del settore che rappresenta.

Nello stesso periodo le organizzazioni di rappresentanza degli industriali e di quelle dei lavoratori giunsero ad un accordo con il fine di ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto evitando così la delocalizzazione di massa della produzione verso i Paesi dal minore costo del lavoro (principalmente quelli dell'est Europa). L'accordo prevedeva di far crescere i salari meno della produttività sebbene in linea con l'andamento dei prezzi, il cui aumento si cercò di mantenere basso e difatti in quelli anni il tasso medio di inflazione in Germania è cresciuto meno che altrove mentre la produttività è cresciuta in misura maggiore riducendo sensibilmente, come auspicato, il costo del lavoro per unità di prodotto (ULC).
Il resto è Storia. Esportazioni che dal 2004 crebbero al tasso del 10% (dal 2% dell'anno precedente) e un PIL che dovrà attendere ancora due anni, il 2006, per raggiungere un livello elevato pari al 3,9%.

Ora io non sostengo che si debbano copiare tutte le azioni intraprese dai due governi Schröder, ma almeno seguirne i principi. Nel nostro caso in particolare:
  • Riduzione/ottimizzazione della spesa pubblica attraverso le diverse spending review eseguite
  • Riduzione della pressione fiscale
  • Aumento degli investimenti strutturali (soprattutto vie di comunicazione)
  • Piano di sviluppo delle aree del mezzogiorno puntando sul turismo anziché sulla industrializzazione
  • Riduzione della burocrazia e favorire la nascita di nuove attività di impresa, anche fiscalmente (compatibilmente con le regole europee)
  • Lotta a tutto campo alla evasione fiscale e alla corruzione
  • Miglioramento dei tempi della Giustizia
Alla fine siamo tornati ad elencare tutte cose che si conoscono già, ma che finora sono state prevalentemente argomento di dibattito nei talk-show. Schröder e la Germania le hanno affrontate ed hanno attuato provvedimenti concreti ed i risultati sono evidenti. A noi la scelta se proseguire vivacchiando in uno stato semi-comatoso o rimboccarsi le maniche e cambiare davvero il Paese.

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