martedì 16 maggio 2017

Anti-euro, game over!

Quello che fatti recenti hanno sentenziato è che l'Unione Europea e l'eurozona, seppur con i propri problemi da risolvere, non si disgregherà e potrà proseguire il suo cammino. Chi l'accusa(va) di essere la causa della situazione di bassa crescita e disoccupazione invocando la sua dissoluzione (in particolare l'eurozona) dovrà farsene una ragione.
L'elezione di Emmanuel Macron alla presidenza francese la dice lunga, dato che il suo programma era esplicitamente europeista e dove lui chiede una modifica dei trattati o comunque della politica sia economica che sociale dell'Unione Europea. Più attenzione alla gente, all'occupazione, alla crescita, ma senza chiedere semplicemente più facoltà di spesa, soprattutto a deficit. Al contrario, lui ha scritto chiaramente che intende procedere a riforme dell'assetto pubblico per giungere a risparmi, o meglio ad una ottimizzazione della spesa. Insomma: spendere sì, ma con giudizio.
E' favorevole ad un ministero superpartes all'interno dell'Unione Europea che abbia poteri di veto sui bilanci dei singoli Stati, in cambio egli propone di dotare uno specifico Parlamento dell'eurozona di un bilancio dedicato e più cospicuo per attuare investimenti mirati.
E' favorevole ad una politica fiscale uniforme ed una condivisione dei rischi riguardanti i debiti dei vari governi.
Al momento è solo, vero, ma c'è da aspettarsi che alle prossime elezioni per il Parlamento riuscirà ad avere attorno a sé il consenso necessario per l'attuazione del programma.

Dall'altra parte abbiamo la cancelliera Merkel, che forte della recente vittoria nel Land più popoloso della Germania, è sempre più lanciata verso il quarto mandato. Assieme a lei vi sarà con ogni probabilità l'attuale Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, contestato all'estero ma molto stimato in Patria.
La politica tedesca sull'Europa quindi non cambierà, ma sbagliano coloro che pensano che sia divergente da quella prospettata dal neo Presidente francese. Anzi, sia Angela Merkel che Schäuble hanno accolto con entusiasmo l'elezione di Macron e hanno espresso desiderio di instaurare subito tavoli di trattative per proporre riforme all'attuale assetto dell'Unione.

Qui da noi, ma non è diverso da quanto accade anche in altri Paesi, le critiche sia all'Europa che all'euro sono andate via via affievolendosi tanto che i consensi stanno lentamente aumentando. Questo di certo non implica che non vi siano problemi da risolvere, anzi, solo uno sprovveduto può pensare che vada bene così, ma altra cosa è pensare che la soluzione sia la disgregazione dell'eurozona se non dell'intera Unione Europea. Anche chi propone il solo abbandono dell'euro non sa di cosa sta parlando, perché ciò - ammesso che sia possibile - non implicherebbe liberarsi dai vincoli di bilancio che valgono non perché si è adottato l'euro, ma in quanto si sono sottoscritti dei trattati. Abbandonare l'euro ed i vincoli di bilancio significa in sostanza abbandonare l'Unione Europea, chi afferma che desidera solo la prima parte mente, sapendo di mentire, agli elettori.
L'Italia ora deve approfittare subito della situazione e partecipare ai dibattiti per migliorare la governance europea, senza limitarsi a chiedere semplicemente più deficit.

La Germania, tanto per essere chiari, non è contraria né lo è mai stata ad un allentamento dei vincoli di bilancio, ma vuole però essere sicura che i vari governi non ne approfittino. Le rigidità chieste ed ottenute con i vari trattati, per ultimo il Fiscal Compact, hanno avuto questo significato: se da una parte vuoi essere padrone della tua spesa, ebbene allora la fai con le tue sole risorse!
Se invece sei disposto ad accettare una supervisione di un organismo sovranazionale che possa impedire spese inopportune, allora siamo favorevoli a concedere margini di manovra (leggi spesa a deficit) e trasferimenti attraverso il bilancio comune.
Chi ha letto alcuni interventi dello stesso Schäuble sa che egli addirittura non è contrario in linea di principio ad una condivisione dei rischi, ad una messa in comune del debito di ciascuno Stato, ma vuole prima di tutto essere sicuro che vengano messe in atto delle regole che impediscano ad un governo di approfittarne per farne cattivo uso, ad esempio per scopi elettorali. Schäuble ha affermato che prima occorre ridurre il livello di alcuni debiti (tra cui il nostro) per metterli in sicurezza, poi predisporre regole che tutti siano tenuti a rispettare e solo a quel punto si può parlare di condivisione. Condivisione che comunque potrà avvenire attraverso ad esempio un meccanismo come il fondo salvastati ESM, questo perché la Costituzione tedesca al momento impedisce di garantire debiti esteri ed una sua modifica richiederebbe un iter complesso e consensi ben difficili da ottenere.

Altra ragione per cui l'Unione Europea sta vincendo sui populismi è rappresentata dai dati macroeconomici recenti, che vedono il PIL dell'eurozona a 19, e della UE nel suo complesso a 28, crescere nel primo trimestre di quest'anno dello 0,5% rispetto al trimestre precedente, più di Gran Bretagna (+0,3%) e Stati Uniti (+0,2%):


Il tasso di disoccupazione è in continua discesa, sebbene non in tutti i Paesi:


mentre quello dell'occupazione continua a salire, puntando a raggiungere l'obiettivo stabilito per il 2020:


La crisi è oramai superata e se in alcuni Paesi, come Francia e Italia, l'economia ancora non ha raggiunto ritmi sufficienti a ridurre l'alto livello di disoccupazione, questo non dipende né dalla moneta unica né tantomeno dalla appartenenza all'Unione Europea. Le cause vanno quindi cercate al proprio interno, questo Macron per la Francia lo ha capito e scritto, da noi invece si è ancora legati alla cultura che per crescere occorre aumentare la spesa pubblica, soprattutto a deficit.
Saprà il governo Gentiloni oggi e chi verrà l'anno prossimo cogliere l'opportunità del momento ed aggiungersi all'asse franco-tedesco per dire la nostra sul futuro della UE contribuendo a dare una svolta o si limiteranno, come fatto in passato, a proposte spot e quasi sempre dedicate alle regole di bilancio, puntualmente bocciate, per poi andare a Bruxelles per firmare quelle altrui?

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