lunedì 19 settembre 2016

"Il Giorno dello Sciacallo"

Il titolo è virgolettato perché la frase, tratta da un famoso romanzo del 1971 da cui è stato poi realizzato l'omonimo film, la ritengo appropriata per quanto accade oramai (ed ahimè) frequentemente di fronte ad avvenimenti tragici, che possono essere un attentato, una catastrofe naturale o anche la scomparsa di una personalità pubblica. Non trascorre che qualche ora e già qualcuno ne approfitta per muovere accuse o critiche indirizzate all'opposizione politica in un caso, a presunti responsabili in un altro, oppure come nel caso della recente scomparsa dell'ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ad insultarne la memoria lanciando accuse del tutto infondate circa il suo operato. E questo per cosa? Semplicemente per cercare di raccogliere qualche consenso oppure più verosimilmente per stimolare bassi istinti dei propri simpatizzanti.

Non si ha il minimo rispetto per la famiglia oltre che per la persona, almeno nel giorno della scomparsa. Non si può aspettare che passi qualche giorno per formulare qualche riflessione in cui almeno qualcuno possa controbattere. No, lo si fa subito e senza contraddittorio, così anche le ingiurie più evidenti sembrano possedere elementi di verità.
Lo si è visto in occasione del terremoto ad Amatrice ed alla zona adiacente, in cui si polemizzava e si lanciavano accuse a prescindere, mentre si scavava affannosamente per salvare i sopravvissuti.
Lo si è visto diverse volte quando barconi carichi fino all'inverosimile di immigrati sono affondati portando a fondo anche le vite di poveri disperati.
Qui non si tratta di essere favorevoli o contrari ad una determinata politica sull'immigrazione, ma di mostrare un minimo di sensibilità verso le vite che sono andate perse e semmai cercare il consenso presentando proposte serie e realizzabili anziché insultare o quantomeno accusare il governo per quello che fa o non fa. E da quanto ho letto ed ascoltato da parte di Matteo Salvini di proposte serie, ed ancor più realizzabili, non ne ho mai sentite.

Allo stesso modo non si tratta di essere favorevoli o contrari all'abbandono dell'euro o anche della stessa Unione Europea, si può tranquillamente essere convinti che la moneta unica sia la responsabile della nostra negativa situazione economica, ma questo non giustifica il muovere false accuse ad una persona il giorno in cui è deceduta quando lo si poteva fare prima.


Se si fosse fermato alla seconda frase avrebbe fatto certamente più bella figura. In particolare perché il seguito sono accuse false ed infamanti. False perché Carlo Azeglio Ciampi ebbe un ruolo tecnico quale governatore della Banca d'Italia nel periodo in cui la volontà della politica e della stragrande maggioranza degli italiani era favorevole di far parte sia dell'Unione Europea che della moneta unica ed infamante perché con questa decisione egli non ha contribuito a svendere nulla, tantomeno i confini se Salvini si riferisce alla querelle con la Francia sui confini marittimi nel Mar Tirreno, in cui con un recente accordo (ancora da ratificare da parte italiana!) sono state apportate delle variazioni alle rispettive territorialità.

Naturalmente non poteva mancare il sostegno dello scemo del villaggio, il tal Claudio Borghi che a quanto sembra dovrebbe essere il responsabile economico per la Lega nonché consigliere presso la Regione Toscana:


Dove per 'villaggio' non intendo l'Italia, la Toscana o altra area geografica, intendo in campo economico, il luogo virtuale dove si affrontano i temi economici.
Borghi non risulta essere formalmente un economista, ha scritto articoli su testate nazionali parlando di economia ma non ha mai effettuato studi specifici, non ha mai pubblicato paper di economia, solo tanti tweet e comparse in televisione in cui ha spesso fatto affermazioni imbarazzanti alle orecchie di qualsiasi economista. Per citarne qualcuna possiamo partire da quella che ripete spesso secondo cui si può uscire dall'euro in un weekend. Questa contiene addirittura due scempiaggini allo stesso tempo! La prima perché non si può avanzare una richiesta (peraltro di portata internazionale) se questa non è contemplata ed al momento la semplice uscita dall'euro non lo è. Si può chiedere che lo sia, ma fin quando non vi è un accordo (unanime) non lo è, quindi si può solo fare riferimento alla possibilità attualmente possibile, ovvero l'uscita dall'Unione Europea. La seconda riguarda la necessità di un semplice decreto legge, con quello invece non si fa praticamente nulla! Si da eventualmente il via alla fase, un po' come premere il tasto Enter per avviare un programma informatico, per premerlo ci si impiega una frazione di secondo ma poi occorre ben altro tempo per l'esecuzione completa del programma la cui durata dipende dalla complessità ed in questo caso il programma comprende la ratifica da parte del Parlamento, la trasmissione della richiesta alla Commissione Europea ed al Consiglio Europeo (quindi ai partner), avviare e discutere le procedure di uscita e per quanto riguarda internamente provvedere alla fase di introduzione della nuova moneta che richiede tempi lunghi, certamente superiori ad un anno. Altro che weekend!

Altra perla di Borghi è quella detta durante la fase finale della trasmissione Omnibus, andata in onda sulla rete televisiva privata La7 il giorno 3 Settembre scorso, quando ha affermato che un aumento del deficit di bilancio comporterebbe una crescita del PIL di pari entità. E non è stata una semplice affermazione che poteva essere male interpretata, ha proprio speso un paio di minuti invitando gli ospiti in studio e telespettatori a prendere una calcolatrice e partire dall'assunto che fatto 100 il PIL, il debito è oggi del 130% (è di un paio di punti più alto ma non è determinante) e quindi facendo il rapporto debito/PIL ne esce 1,3. Ha poi aggiunto che se facessimo un extra deficit del 5% avremmo che sia il PIL che il debito crescerebbero allo stesso modo, quindi rispettivamente 105 e 135. Facendo nuovamente la divisione ne esce un quoziente inferiore, a 1,29, quindi ne deduce che facendo deficit il rapporto debito/PIL scenderebbe. Questo tra le perplessità (per usare un eufemismo) degli ospiti in studio, tra cui un dirigente dell'ISTAT, il quale ha commentato quanto detto da Borghi affermando che è vero che aumentando la spesa pubblica ed essendo questa una componente del Prodotto Interno Lordo si avrebbe uno stimolo a breve termine, mentre nel lungo termine è tutto da vedere ed esperienze varie hanno testimoniato il contrario, che non conduce a nessun vantaggio, ma non ha confermato e non poteva certo farlo perché insostenibile, che il PIL crescerebbe dello stesso ammontare del deficit.
Non contento di averne sparata una grossa, Borghi poi ha proseguito sostenendo che non si vuole però fare deficit perché inciderebbe sulla bilancia commerciale: aumentando la spesa pubblica aumenterebbe il PIL e quindi le importazioni, peggiorando così la bilancia commerciale. Borghi dovrebbe però sapere che la spesa pubblica ha una bassa incidenza sulle importazioni a differenza dei consumi privati. Costruire ponti, strade, edifici o altre opere di questo genere non comporta una spesa su prodotti e servizi di importazione, sono semmai le famiglie e le imprese che acquistando beni e servizi spesso si rivolgono a quelli prodotti all'estero.
Per chi volesse verificare, può guardare la puntata registrata e disponibile sul sito del programma Omnibus al minuto 67 circa oppure finché è disponibile dal minuto 19 di questo video su Youtube.

Ma la stupidaggine che Borghi ha detto il giorno della scomparsa dell'ex Presidente Ciampi è relativa alla presunta perdita derivante dal tentativo da parte della Banca d'Italia, di cui Ciampi era all'epoca governatore, di respingere gli attacchi speculativi sulla lira (e sulla sterlina britannica) nel terzo trimestre del 1992, tentativo fallito e che ha portato alla uscita temporanea della nostra moneta dallo SME.
Quel giorno ho scambiato qualche tweet con un interlocutore, anche lui convinto che in quella occasione furono sprecati miliardi di dollari di riserve valutarie, mentre io cercavo di spiegargli che non si può parlare di perdita vera e propria, semmai un uso che non ha portato all'esito desiderato. Ed ecco lui, il saltimbanco dell'economia entrare ribadendo il concetto ed invitando il mio interlocutore ad interrompere ogni dialogo:


Analizziamo ora cosa avvenne in quel periodo del 1992. Come premessa occorre rammentare che nel 1992 Carlo Azeglio Ciampi era Governatore della Banca d'Italia e Presidente del Consiglio era Giuliano Amato, quindi la decisione ed eventuali critiche circa il ritardo nell'uscire dallo SME andrebbero indirizzate a quest'ultimo dato che la competenza era del governo, la Banca d'Italia aveva infatti il compito di eseguire il mandato di mantenere (o tentare di farlo) la stabilità dei cambi.

(fonte Banca d'Italia)
Se guardiamo all'andamento del cambio della lira con il marco tedesco (valuta di riferimento all'interno dello SME) vediamo come fino a metà Settembre questo si mantiene pressoché all'interno della fascia di oscillazione consentita, per poi deprezzarsi esattamente all'indomani del weekend del 12 e 13 Settembre 1992, quando il governo Amato decise di abbandonare temporaneamente lo SME e lunedì 14 Settembre il marco da 765,4 lire (per 1 marco) della chiusura del venerdì precedente passa a 793,32 per poi apprezzarsi ulteriormente fino a toccare il record di 927,00 lire il 6 Ottobre 1992 (+21% rispetto a venerdì 11 Settembre, giorno prima della decisione di uscire dallo SME). In seguito il marco tedesco scese e si portò attorno alle 900 lire fino alla fine dell'anno.

Ora la questione è: se e quanto ci costò tentare di contrastare la speculazione che mirava ad una nostra svalutazione per guadagnare ingenti capitali. Partendo da quante riserve valutarie sono state effettivamente utilizzate nell'operazione riporto i dati contenuti in un intervento che nel 1993, l'allora governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, fece in occasione di un congresso:


All'interno sono riportati i dati di quanto utilizzato:


Sommando i 17 miliardi del periodo Giugno-Agosto ai 26 di Settembre si ottiene una fuoriuscita complessiva netta di riserve valutarie di 43 miliardi di dollari, più o meno la cifra scritta da Borghi. Va però fatta presente l'annotazione nella parte finale in cui si precisa che dei 26 miliardi di Settembre, 19 sono relativi alla posizione netta verso l'estero delle banche e circa un quarto trattasi di restituzione di prestiti in valuta da parte di clienti. Insomma, l'importo effettivamente usato per sostenere la lira risulta quindi inferiore ai 43 che appaiono in un primo momento.
Ma il punto non è tanto questo, quanto se ciò ha comportato davvero una perdita come sostiene Borghi. Vendere valuta estera per acquistare moneta propria al fine di sostenere il tasso di cambio di quest'ultima non significa necessariamente conseguire una perdita. E' un semplice scambio. Se ad esempio ho un miliardo di dollari USA come riserva in valuta estera e lo vendo contro lire al cambio 1:1 (per semplicità supponiamo che il cambio sia inizialmente alla pari) alla fine non avrò più dollari ma un miliardi di lire in più. Se il cambio non varia non cambierà nulla.
Se invece il cambio dovesse variare cosa comporterebbe? Se il dollaro si apprezzasse fino a 1,2 lire contro 1 USD ed in un secondo momento decidessi di ricostituire riserve per 1 miliardo di dollari dovrò sostenere una spesa di 1,2 miliardi di lire. A questo punto si potrà dire che ho conseguito una perdita pari a 200 milioni di lire, ma non è esattamente così! Perché a bilancio avrò 1,2 miliardi di lire in meno e 1 miliardo di dollari USA in più quale riserva valutaria, riserva che in quel momento vale esattamente 1,2 miliardi di lire e dato che il bilancio è tutto espresso in lire con la valuta estera valutata a prezzo di mercato, a livello di attività a bilancio non cambia nulla.
La 'perdita' è solo quella teorica confrontando due scenari: uno reale, conseguente alla svalutazione dopo aver speso parte delle riserve, e l'altra ipotetica nel caso di non aver speso nulla a livello di riserve ed aver lasciato che la mia valuta si deprezzi sin da subito (nel caso del 1992 di uscita immediata dallo SME). Nell'esempio avrei 1 miliardo di dollari che varrebbe 1,2 miliardi di lire, quindi 200 milioni più di prima senza però aver usato lire per l'acquisto, ma semplicemente lasciando che le cose fossero andate per il loro verso.

Insomma la presunta perdita è solo ipotetica, non reale e questo lo si può verificare andando a leggere i bilanci della Banca d'Italia del 1992 e del 1993 per verificare se vi è stata effettivamente una perdita dovuta ad operazioni sui cambi.
Può forse aiutare a comprendere il concetto osservare il bilancio 2015 della Banca d'Italia alla voce riserve:


Se si guarda ad esempio alle riserve in oro, si nota come a chiusura bilancio 2015 il controvalore è diminuito rispetto al 2014 per oltre 1,1 miliardi di euro e questo è dovuto, come si legge nella nota integrativa, per effetto del calo di prezzo di mercato dell'oro:


Invece per effetto dell'apprezzamento delle valute straniere sull'euro, il controvalore in euro delle riserve valutarie è aumentato di quasi 3,4 miliardi di euro, anche se questo è un guadagno al momento nominale in quanto è relativo alla quotazione delle valute al momento della stesura del bilancio e nel caso precedente dell'oro. E' come possedere una azione di una azienda quotata in borsa, se la quotazione aumenta si ha un guadagno nominale ma diverrà effettivo solo nel momento della vendita e viceversa si conseguirà una perdita nel caso di un calo della quotazione.

In definitiva la presunta perdita in occasione dell'uso delle riserve valutarie è quindi solo teorica, se cioè non si fossero usate e si fosse deciso subito di uscire dallo SME, ma in termini reali questo non ha comportato una vera e propria perdita. Certo, se la Banca d'Italia avesse poteri di preveggenza avrebbe conseguito quel mancato guadagno, come avrebbe evitato la riduzione del valore a bilancio delle riserve in oro nel 2015, se sapendolo avesse provveduto a vendere parte dello stesso per riacquistarlo ad un prezzo inferiore in seguito. Forse Claudio Borghi possiede questa dote ed è in grado come il mago Otelma di prevedere il futuro!

Non so poi quali altre numerose (presunte) malefatte Borghi addebita a Carlo Azeglio Ciampi, dato che la decisione di rientrare nello SME fu dell'intero governo Prodi e Ciampi fu allora Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica. Questo significa che sia Salvini che Borghi potrebbero (e farebbero meglio) a rivolgere le loro sciocche accuse o a Romano Prodi oppure a Giuliano Amato, i due presidenti del Consiglio dell'epoca in questione, i quali sono tuttora vivi e pronti a controbattere, invece che farlo nei confronti di una persona appena deceduta che per questo non è in grado di replicare. Oltre a non tenere conto del dolore di familiari e parenti.

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