giovedì 13 aprile 2017

"Split Payment", ovvero l'ennesimo trucco fiscale a favore dello Stato

Con la recente approvazione del DEF (Documento di Economia e Finanza) è stata allargata la base soggetta al cosiddetto split payment, questa misura era stata infatti introdotta con la Legge di Stabilità 2015 (la 190/2014) con attuazione 1 gennaio 2015.
Di cosa si stratta? Sinteticamente, ad ogni cessione di beni o servizi a favore di enti pubblici, nella fattispecie:
  • Stato e altri soggetti qualificabili come organi dello Stato, anche se dotati di autonomia giuridica.
  • Enti pubblici territoriali e loro consorzi, comprese le Comunità Montane, isolane e le Unioni di Comuni.
  • Camere di Commercio, Artigianato ed Agricoltura (CCIAA).
  • Istituti universitari.
  • Aziende sanitarie locali.
  • Enti ospedalieri (fatta esclusione per gli enti ecclesiastici che esercitano assistenza ospedaliera, in quanto operano in regime di diritto privato).
  • Enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico (IRCCS).
  • Enti pubblici di assistenza e beneficienza (IPAB, ASP).
  • Enti pubblici di previdenza (INPS).
il fornitore all'atto dell'emissione della fattura scriverà una nota con la dicitura "scissione dei pagamenti" e l'IVA dovuta dall'ente pubblico verrà da quest'ultimo versata direttamente ed integralmente allo Stato anziché al fornitore.

Cosa cambia rispetto a prima?
Vediamo con un semplice esempio perché questa misura favorisce l'ente centrale e sfavorisce i fornitori.
Supponiamo di vendere alcuni beni al nostro Comune e che l'importo IVA in fattura che dovremmo incassare sia pari a 1.000 euro. Si supponga anche che non si sia i produttori di questi beni, ma intermediari commerciali. All'atto dell'acquisto al produttore noi però pagheremmo l'IVA prevista che in questo esempio ipotizziamo essere pari a 600 euro.
Con il sistema precedente avremmo incassato 1.000 euro di IVA dalla vendita al Comune che avrebbe compensato i 600 euro (sempre di IVA) versati al produttore. All'atto della liquidazione mensile o trimestrale IVA avremmo versato allo Stato la differenza, ovvero 400 euro.

Bene, fin qui tutti felici e contenti!

Ora, con questo meccanismo invece dello split payment noi continueremo a pagare l'IVA dovuta verso i nostri fornitori, ma a fronte di vendite ad enti pubblici non la intascheremo più. Nel nostro esempio pagheremo i 600 euro al produttore ma non incasseremo i 1.000 euro dal Comune. Nella liquidazione IVA (mensile o trimestrale), benché nel registro contabile delle vendite l'importo verrà sempre registrato anche se con un contestuale storno, questa non verrà considerata. Si beneficerà semmai di un credito IVA nei confronti dello Stato, nel nostro esempio dei 600 euro da noi pagati al produttore, infatti in assenza di altre operazioni costui dovrà versare allo Stato questo ammontare, Stato che poi incasserà anche i 1.000 euro dal Comune a seguito della nostra vendita. Pertanto lo Stato incasserà complessivamente 1.600 euro di IVA e noi vanteremo 600 euro di credito! Contabilmente tutto torna ma finanziariamente no, dato che noi potremo chiedere il rimborso solo in sede di liquidazione annuale. E con i tempi della macchina fiscale!
In pratica con questa misura lo Stato si troverà a ricevere una qualche forma di prestito a tasso zero mentre dall'altra i fornitori ad avere complessivamente una passività finanziaria, anche se formalmente trattasi di credito.

Le ragioni di questo trucco fiscale sono intuibili, lo Stato si troverà ad incassare più di quanto dovuto e dato che le regole contabili europee fanno riferimento al principio di cassa, il surplus di IVA incassato contribuirà a ridurre il disavanzo (deficit) pubblico. E' la stessa ragione per cui in molti casi una amministrazione pubblica, pur disponendo dei fondi, non può pagare una fornitura di beni o servizi, perché secondo appunto queste regole contabili fin quando non lo fa l'importo non viene registrato tra le uscite e quindi non aggrava l'eventuale bilancio.
Il (notevole) debito alle amministrazioni pubbliche verso il settore privato, quello che l'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi si era impegnato a saldare in pochi mesi, è riconducibile più a questa ragione che alla mancanza vera e propria di disponibilità finanziaria da parte delle amministrazioni stesse:


di cui la situazione all'agosto 2015 (dati del Ministero dell'Economia e delle Finanze):


in dettaglio gli importi riferiti ai debiti accertati al 31 dicembre 2013:


Inutile dire che in molti altri Paesi i debiti l'amministrazione pubblica li paga nel giro di poche settimane!

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