domenica 31 luglio 2016

Apologia di ignoranza economica e finanziaria - Euro & Bail-in

Quanti anni sono che abbiamo l'euro? Sedici (e qualche mese)? O 14, se consideriamo da quando lo abbiamo fisicamente per le mani? Sembra incredibile che ancora oggi ci sia qualcuno che metta in discussione il 'cambio' euro-lira a 1936,27, ovvero tante lire per fare 1 euro. C'è chi sostiene che sarebbe stato meglio un rapporto a meno, esempio a 1.500, altri a più di 2.000 lire.
Anziché mostrare un caso recente che riguarda un comune cittadino, che seppur da biasimare dopo tanto tempo ha comunque diritto di esprimere la propria ignoranza in materia, vi faccio vedere un commento al riguardo di qualche mese fa e che vede protagonista un personaggio politico noto ai meno giovincelli:


Prima di affrontare qualsiasi dibattito su quale delle diverse opinioni espresse sia esatta, è bene precisare un fatto che stronca qualsiasi analisi al riguardo:

Non è mai esistito, né poteva esserci, un tasso di cambio tra l'euro ed una qualsiasi valuta che è andata a sostituire, tra cui la lira!

Perché? Semplicemente perché l'euro null'altro è che la trasformazione in moneta circolante (nel rapporto 1:1) di una unità di conto che a sua volta rappresentava un paniere di diverse valute, valute queste (oramai 'quelle', visto che ad oggi non esistono più) che venivano scambiate sul mercato dando vita, loro sì, a rapporti di cambio. Quindi c'era un cambio lira-marco, lira-franco, lira fiorino, marco-franco (che non sono miei amici) etc... ma cambi euro-lira, euro-marco, euro-franco non sono mai esistiti. Per loro si parla infatti di rapporti di conversione.
La differenza consiste che un rapporto di conversione, qualunque esso sia, non altera alcunché, in primis i poteri di acquisto, mentre un tasso di cambio sì!

Si possono fare numerosi esempi per spiegare la differenza. Anche quello per massaie. Se ad esempio una ricetta di un dolce per 4 persone (o porzioni) prevede 2 uova e noi abbiamo a cena 6 ospiti (quindi presumibilmente 6 porzioni) dovremmo mettere 3 uova, giusto? Ogni ospite avrà così la sua porzione esattamente come nel caso delle 2 uova per una torta per 4 persone.
Sostenere che l'euro doveva valere meno (o più) di 1936,27 lire è come se uno dei 6 ospiti (il Cirino Pomicino della situazione) mentre assapora la sua porzione venisse fuori dicendo alla brava cuoca che a suo avviso anziché 3 uova avrebbe dovuto metterne 1 o 4.
Non è ancora chiaro? Nessun problema, ne possiamo fare molti altri di esempi. Intanto molte brave cuoche (e anche cuochi) avranno già capito o saranno sulla buona strada. Quello che è comunque da comprendere (dopo 16 anni!) è che qualsiasi valore fosse la conversione euro-lira, non cambierebbe nulla!

Quello che poteva influire erano semmai i tassi di cambio tra le singole valute che sono state sostituite dall'euro, ma questi tassi furono decisi dal mercato e fissati definitivamente, per passare all'euro, il 31 Dicembre 1998. Dal giorno successivo, ovvero dal 01 Gennaio 1999 le singole valute in questione non sono più state scambiate sul mercato (ma lo è stato l'euro).

Ora aggiungerò qualche considerazione personale che qualcuno potrà trovare irrispettosa, altri magari offensiva se non addirittura autorazzista:

Solo in Italia abbiamo messo in discussione il cambio, pardon... la conversione euro-lira!

In nessun altro Paese che ha adottato la moneta unica europea si mai fatto questo tipo di discussione, segno questo evidente della profonda ignoranza (intesa come non conoscenza) sia economica che finanziaria di base. E non mi rivolgo tanto ai comuni cittadini che possono essere (in parte) giustificati, ma a molti organi di informazione e specialmente ad esponenti politici di rilievo (Paolo Cirino Pomicino è stato Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica dal 1989 al 1992).
Provate a cercare (se avete tempo da perdere) un dibattito, una discussione, un articolo a livello politico all'estero circa il tasso di conversione della ex valuta locale contro euro, esempio in Francia per i 6,559 franchi, in Germania per 1,955 marchi e così via:


(Nota: come si può leggere da questa tabella pubblicata dalla Banca d'Italia si parla di tassi di conversione e non di cambio).

Nessun cancelliere tedesco, nessun presidente francese, nessun primo ministro olandese o anche ministri di altri governi hanno mai messo in discussione questi rapporti di conversione. Non c'era alcuna ragione. Solo, qui, solo in Italia, e per giunta da parte addirittura di un primo ministro:


Tra l'altro riuscendo a dire due 'castronate' colossali in una unica affermazione. La prima è appunto confondere il tasso di conversione con il tasso di cambio, la seconda riguarda la stima. Lascio a chi legge indovinare (ammesso che non lo sappia già) perché è una 'castronata' pensare che un tasso di conversione a 1.500 lire per un euro sarebbe stato preferibile alle 1.936,27, comportando in quel caso un danno enorme alle nostre aziende.
Comunque nonostante tutto c'è ancora fiducia negli italiani da parte degli stranieri, almeno verso qualcuno visto che è italiano il presidente della Banca Centrale Europea e quello dell'Autorità Bancaria Europea, i due organismi che si occupano di banche.

E qui veniamo al secondo capito: il Bail-in (noto in lingua italiana come: 'salvataggio interno').
Questa norma, che è contenuta nella normativa relativa alla gestione delle crisi bancarie e nota anche con la sigla BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), prevede che a fronte, non di una situazione di lieve difficoltà da parte di una banca, ma di vera crisi che richieda un significativo intervento finanziario per evitare il fallimento, prima di invocare un aiuto pubblico (ovvero dei contribuenti) devono farsi carico in parte (almeno l'8% delle passività) gli azionisti ed i creditori (obbligazionisti con titoli - obbligazioni - non garantiti e correntisti oltre l'importo di 100 mila euro) della banca stessa. Rientrano in questa categoria di 'soggetti a rischio' i detentori di obbligazioni subordinate.
In queste settimane si fa un gran parlare di questo fatidico Bail-in: è giusto, è ingiusto? E' addirittura in contrasto con la nostra Costituzione?

Prima di affrontare questo interrogativo e schierarci per l'una o l'altra posizione occorre però puntualizzare una premessa:

Ogni banca deve essere condurre un comportamento corretto ed onesto verso i propri clienti, verso gli investitori, verso chiunque!

Non ha senso discutere di Bail-in se accettiamo che un istituto bancario possa essere aiutato a prescindere da come si è comportato verso il pubblico (clienti e non) e da come hanno agito gli organismi di controllo.
Se una banca è stata amministrata da 'malviventi', perché prima di invocare un aiuto pubblico non si procede verso questi stessi criminali  e verso gli organismi che sono preposti alla sorveglianza ma che non hanno evidentemente svolto adeguatamente il compito a loro assegnato?
Si può procedere con accuse tipo aggiotaggio, truffa, estorsione, falso in bilancio. Se poi come è accaduto per la BPVi ci sono stati esposti che sono stati archiviati allora potrebbe significare che viviamo in un Paese di truffatori garantiti, dove questi saranno anche la minoranza della popolazione ma occupano ahimè molte posizioni di rilievo.
Ebbene, io personalmente mi rifiuto di dover partecipare in qualità di contribuente a qualsiasi forma di risarcimento se accettiamo a priori che questo genere di sistema arrivi a 'graziare' questi malviventi e coloro che in qualche modo li hanno appoggiati o lasciati fare.

Se invece passiamo al caso della banca che si comporta correttamente e illustra i propri dati di bilancio in maniera trasparente, allora la questione riguarda sia l'investitore (nella veste di azionista o di obbligazionista) e sia il risparmiatore (correntista). Nel secondo caso ritengo accettabile che lo Stato provveda a garantire i suoi risparmi, a prescindere dall'importo (non solo entro i 100 mila euro), non fosse altro perché è previsto dall'art.47 della Costituzione, il cui primo comma testualmente recita:

"La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito."

Questo per quanto riguarda i cosiddetti risparmiatori, ma per quanto riguarda gli investitori la posizione, almeno quella mia personale, cambia. Se un cittadino decide di investire parte dei suoi risparmi in forme varie che comunque comportano sempre dei rischi, così come gli eventuali guadagni sono suoi anche le perdite rimangono sue!
E suo è anche il compito di informarsi sulle caratteristiche di quella forma di investimento che sceglie di utilizzare, dei possibili guadagni e dei possibili rischi. Se l'investimento dovesse andare male non può quindi invocare il risarcimento o presunto tale da parte del settore pubblico (Stato o altra istituzione pubblica), ergo dei contribuenti.
Che poi è quello a cui vanno incontro coloro che acquistano azioni oppure obbligazioni di aziende private. Non si comprende come per i medesimi strumenti finanziari emessi da un istituto bancario le regole dovrebbero essere diverse.

Ricapitolando, prima di mettere in discussione la norma del Bail-in occorre che gli organi di controllo preposti siano resi efficienti e soprattutto responsabilizzati, cioè se non dovessero svolgere correttamente la funzione a loro preposta dovranno risponderne, sia in sede penale che nei confronti del Governo, al quale dare la prerogativa di rimuovere a fronte di casi particolari il vertice dell'istituzione sebbene a questa sia comunque garantita l'indipendenza gestionale ed amministrativa.
Una volta realizzato questo presupposto occorre distinguere tra risparmiatore che ha tutto il diritto di vedersi garantiti i propri risparmi in qualunque forma essi rientrino e la figura dell'investitore che si deve assumere invece tutti i rischi che l'investimento comporta, il che include l'onere morale di informarsi in prima persona e non di agire in maniera sprovveduta invocando, nel caso le cose dovessero andare male, la fiducia riposta in questo o in quel funzionario di banca.

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