domenica 2 marzo 2014

3%, il rapporto deficit/Pil tra verità e leggenda

Si parla spesso di questo vincolo di bilancio previsto dai trattati europei, ma altrettanto spesso vengono fatte delle affermazioni prive di fondamento se non addirittura errate circa la sua origine e la presunta tesi che il valore prefissato (3%) non abbia alcun riscontro economico.
Iniziamo con chiarirne l'origine.

Alla fine del 1991 i ministri competenti della UE si riunirono per fissare i parametri di bilancio a cui i Paesi aderenti, in particolare coloro che avrebbero adottato l'euro, si sarebbero dovuti attenere al fine di avere una omogeneità e che sarebbero stati inseriti nel Trattato di Maastricht.
Ci sono diverse tesi riguardo la scelta del 3% in merito al rapporto deficit/Pil, ma quella più diffusa vuole l'allora direttore del Dipartimento del Tesoro francese e futuro governatore della BCE Jean-Claude Trichet, economista, proporla alla commissione.
Non si sa se le cose andarono realmente così ma anche fosse non è rilevante perchè in ogni caso, qualunque fossero le proposte, i 'tecnici' dei governi e delle varie banche centrali europee sicuramente fecero le loro accurate valutazioni in merito, non si sarebbero certo affidati ad una qualsiasi proposta dalle conseguenze così rilevanti buttata li a caso e senza una adeguata analisi tecnica.

In ogni caso va sfatata l'idea che il valore del 3% sia frutto di una stima priva di fondamento, c'è difatti una spiegazione del tutto analitica.
Innanzi tutto occorre rievocare quale fu l'obiettivo di partenza: la stabilità dei bilanci pubblici ed in primo luogo del rapporto del debito pubblico di ciascuno Stato rispetto alla ricchezza prodotta (PIL).
Si arrivò a proporre di fissare questo valore al 60%, livello superiore alla media dei debiti degli Stati in quel periodo (fine anni '80) che fu nel 1990 all'incirca tra il 35 ed il 40% anche se, va detto, riguardava più gli Stati virtuosi come Francia (35%), Germania (44%) e Gran Bretagna (35%) piuttosto che l'Italia che nel 1990 registrò un rapporto debito/Pil al 98%.



Occorreva stimare un tasso medio di crescita del Pil nominale di lungo periodo di riferimento e questo fu stabilito al 5%, comprensivo di un 3% di crescita media reale e di una inflazione pari al 2%.
A quel punto era semplice ricavare il conseguente valore di deficit possibile al fine di mantenere costante il rapporto debito/Pil nel corso del tempo applicando la seguente equazione:


dove:
- d = deficit
- D = debito
- n = tasso di crescita annuo del Pil nominale

Se sostituiamo all'equazione i seguenti valori:
- D = 0,6 (60%)
- n = 0,05 (5%)

otterremo 0,029, ovvero 2,9% che si può quindi arrotondare a 3%!

Ecco quindi che a prescindere dalla modalità in cui è stato proposto sicuramente la sua stima ha una base del tutto razionale contraddicendo così uno dei luoghi comuni più diffusi.

Notiamo ora un aspetto interessante. Supponiamo di avere due Paesi che abbiano diversi valori di rapporto debito/Pil, ad esempio il primo pari al 40% ed il secondo al 100% e vediamo con l'ausilio del grafico sottostante l'andamento nel tempo del rapporto debito/Pil partendo da un ipotetico anno zero supponendo che entrambi rispettino il tasso di crescita annua media di lungo periodo del Pil nominale al 5% e un deficit al 3% del Pil stesso:



come si può vedere l'andamento del rapporto debito/Pil di entrambi i Paesi convergerà verso il 60%, per l'esattezza 63% e questo perchè dalla formula vista prima il deficit dovrebbe essere poco inferiore il 2,9% per ottenere esattamente un rapporto debito/Pil del 60%.
Questo perchè chi si trova in una situazione al di sopra del livello di equilibrio di lungo periodo (63% nell'ipotesi in questione) vedrà una crescita del Pil proporzionalmente maggiore di quella del debito mentre sarà il contrario per chi avrà una percentuale inferiore (crescita del debito maggiore in termini percentuali rispetto a quella del Pil).

Conclusioni
Oggi è in discussione il parametro del 3% deficit/Pil, ma a mio avviso dovrebbe esserlo piuttosto il rapporto debito/Pil, il cui vincolo al 60% è troppo impegnativo.
Personalmente dovrebbe essere portato al 80% se non addirittura al 100%. Parimenti anche il tasso di crescita del Pil nominale di lungo periodo dovrebbe essere rivisto in considerazione del fatto che i livelli di crescita degli anni '70 e '80 non sono più ripetibili, almeno nel breve e medio periodo.
Ritengo che un tasso attendibile possa essere del 4%, composto da un 2% reale e un altrettanto 2% dovuto all'inflazione (che corrisponde all'obiettivo di stabilità dei prezzi assegnato alla BCE), in questo modo usando l'equazione sopra scritta si otterrebbe sempre un rapporto deficit/Pil del 3% ma dalle implicazioni diverse per quanto riguarda ad esempio i vincoli stabiliti dal recente Patto di Bilancio Europeo o Fiscal Compact perchè a questo punto verrebbe alleggerito l'impegno finanziario per rientrare nei limiti previsti nei prossimi 20 anni rispetto alla condizione attuale.

Un vincolo del 80% del rapporto debito/Pil sarebbe comunque sostenibile in quanto oggi il livello del servizio del debito, ovvero del peso della spesa per interessi sul debito pubblico, è pari al 5,5% del Pil a fronte di un debito pubblico pari al 130% dello stesso e facendo una semplice proporzione si può ipotizzare che se avessimo invece un debito per l'appunto pari al 80%, la spesa per interessi potrebbe stimarsi all'incirca al 3÷3,5% del Pil, il che sarebbe sostenibile considerando che oggi l'avanzo primario è circa il 4% del Pil, ovvero lo Stato spende meno di quanto incassa per ben quattro punti percentuali rispetto alla ricchezza prodotta.

Riassumendo, se si procedesse in tal senso ad una revisione dei parametri di bilancio costerebbe meno l'impegno finanziario per raggiungerli e osservarli rispetto alla condizione attuale stabilita dai trattati che trovo decisamente onerosa e di ostacolo alla crescita.

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