Visualizzazione post con etichetta esm. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta esm. Mostra tutti i post

mercoledì 31 gennaio 2018

Dall'autore di "Sud colonia tedesca. La questione meridionale oggi" una sequela di falsità e imprecisioni

Andrea Del Monaco
Grazie alla segnalazione di un conoscente mi è capitato di vedere il video della presentazione alla Camera dei Deputati a metà gennaio scorso del libro di Andrea Del Monaco "Sud colonia tedesca. La questione meridionale oggi", la cui prefazione è stata firmata da Marcello Minenna. Alla presentazione erano presenti oltre a Minenna anche Renata Polverini (Forza Italia), Adriano Giannola (Presidente Svimez), Francesco Boccia (Partito Democratico e Presidente della Commissione permanente Bilancio e Tesoro) e alcuni altri.
Soprattutto ho ascoltato la sua raffica di imprecisioni e luoghi comuni del tutto infondati quando gli è stata data la parola, fake news che meritano di essere smentite una per una per evitare che si dia credito alle già tante stupidaggini che ci vengono propinate soprattutto nell'attuale periodo di campagna elettorale.

Questo è il video della presentazione del libro dal sito di Radio Radicale e l'oggetto delle mie considerazioni. L'intervento di Andrea Del Monaco inizia al minuto 44 e dura circa un quarto d'ora:

 Clicca per accedere al video
Clicca per accedere al video

Premetto che io il libro non l'ho letto e quindi non so se contenga o meno le affermazioni che qui ho ascoltato e che contesto, ma come si dice se tanto mi da tanto è presumibile che sia così. In ogni caso, ripeto, replico a quanto qui ho ascoltato, ovvero ad una serie di affermazioni completamente inconsistenti seguendo l'ordine temporale con il quale sono state dette.

Mettetevi comodi perché la lista è lunga.

1. "La Banca Centrale Europea dovrebbe essere come la Federal Reserve, ovvero prestatore di ultima istanza"

Questa è una di quelle affermazioni del tutto campate in aria che vengono ripetute spesso da parte di coloro che non sanno proprio di cosa stanno parlando.
Prima di entrare nel merito descriviamo cosa è la Federal Reserve statunitense e quali compiti e limiti abbia, scoprendo che ha più similitudini con la nostra Banca Centrale Europea che differenze.
La Federal Reserve, per esteso Federal Reserve System, è la banca centrale degli Stati Uniti, nata nel 1913 quando si resero conto che affidarsi ad enti privati era controproducente e la nazione doveva avere tra le proprie istituzioni una banca centrale pubblica. Nel 1910 vennero inviati in mandato esplorativo in Europa alcuni funzionari con il compito di studiare la realtà al di quà dell'Atlantico, in particolare i modelli presenti in Gran Bretagna ed in Germania.
La Federal Reserve System è costituita da 12 banche (Federal Reserve Banks) dislocate nel territorio e del quale ne hanno affidate la competenze:


Le singole banche centrali hanno come azionisti banche commerciali pur essendo una istituzione pubblica, difatti lo status giuridico è paragonabile a quello nostro dell'istituto di diritto pubblico, status al quale appartiene la Banca d'Italia sebbene il capitale sia detenuto anche da organismi privati. Finiamola quindi di considerare la nostra banca centtrale una istituzione privata per questo aspetto che non significa nulla, oppure si trovi un solo ente o società privata che oltre alle imposte dovute (1,31 mld di euro nel 2016) versi al fisco l'80% degli utili (oltre 2 mld di euro nel 2016) e che l'ammontare della quota da ripartire tra gli azionisti sia definita per legge e non dall'assemblea dei soci:

(dal bilancio 2016 della Banca d'Italia)

Con l'istituzione della Banca Centrale Europea il ruolo assunto dalle singole banche centrali nazionali dell'eurozona è andato di fatto ridimensionandosi ed è simile a quello delle 12 banche federali negli USA, le quali sono parzialmente indipendenti sebbene siano tenute ad osservare la politica decisa dal board centrale.
Ma veniamo alla affermazione infondata di Del Monaco.

La Federal Reserve è prestatore di ultima istanza, vero. Ma lo è anche la Banca Centrale Europea!
Tutto sta a conoscere cosa si intende con il termine di prestatore di ultima istanza (Lender of last resort in inglese). Questa definizione si riferisce a quelle istituzioni (non solo le banche centrali) che si offrono di prestare denaro a quegli istituti che, comunque solventi, abbiano temporanei problemi di liquidità e riscontrino difficoltà ad ottenerla sul mercato, in particolare durante fasi di instabilità finanziaria.
La Banca Centrale Europea assolve questa funzione attraverso il cosiddetto Emergency Liquidity Assistance (ELA), del quale Del Monaco avrà sicuramente sentito parlare, almeno durante la crisi greca alla vigilia dell'assurdo referendum voluto dal governo Tsipras nel 2015 che ha indotto chi deteneva ingenti somme di denaro a trasferirlo all'estero. Le banche greche si sono così viste ridurre l'ammontare delle attività e sono finite quindi ad avere una crisi di liquidità. Non essendosi trovate in uno stato di bancarotta chiesero aiuto alla loro banca centrale ed ottenuto a più riprese su benestare della BCE con l'attivazione appunto del programma ELA attraverso il quale il sistema bancario greco ottenne liquidità per ben 88,9 mld.

Quello che Del Monaco probabilmente auspica ed al quale facilmente faceva riferimento è la diversa interpretazione - diffusa -  di prestatore di ultima istanza, ovvero di garante delle passività pubbliche (Titoli di Stato) e magari anche di quelle private.
Ebbene, questo la Banca Centrale Europea non lo assolve. Ma nemmeno la Federal Reserve!
Se Del Monaco avesse speso del tempo (nemmeno tanto) per documentarsi avrebbe appurato che i titoli emessi dal Dipartimento del Tesoro USA sono garantiti dallo stesso governo federale e non dalla banca centrale!
Anzi, dal Federal Reserve Act la banca centrale non può nemmeno finanziare il governo statunitense acquistando direttamente i titoli in fase di collocamnento, può farlo solo sul cosiddetto mercato secondario (open market), ovvero verso i titoli già collocati ed in possesso quindi di investitori istituzionali e privati cittadini. Esattamente come è previsto per la BCE e relative BCN dell'eurosistema.
Non serve leggersi l'intero documento sopracitato, basta una semplice letture delle FAQ (Frequently Asked Question) dal sito istituzionale su tale argomento:


"Tra gli Stati il tasso di interesse dovrebbe essere lo stesso e non ci dovrebbe essere lo spread, negli USA la California non attacca il Minnesota sullo spread"

Voglio pensare che questa enorme stupidaggine sia da ricondurre all'emozione del momento! Che significa che uno Stato attacca un altro sullo spread? Lo spread è la differenza tra una variabile e un'altra, in questo contesto la differenza tra quanto paga una nazione in interessi sul debito e quanto paga un'altra presa come riferimento e questa differenza è definita dagli investitori, non certo dai governi. Del Monaco verosimilmente fa riferimento a quanto avvenne nel 2011, in particolare nel secondo semestre dove, come sappiamo, si è registrato un aumento di questo differenziale tra i rendimenti dei titoli italiani rispetto a quelli tedeschi che vengono presi a riferimento (benchmark).
Ma Del Monaco - e molti che la pensano allo stesso modo - dovrebbero allargare la visione su quel periodo e verificare che il differenziale - o spread - aumentò praticamente per tutti i titoli dei vari Paesi, non solo quelli italiani e questo non perché ci fu un attacco, bensì all'epoca vi fu il timore da parte degli investitori che l'euro si dissolvesse e quindi preferirono dirottare gli investimenti verso titoli di quei paesi la cui valuta, in caso di tale ipotesi, si sarebbe rafforzata rispetto all'euro e comunque Paesi che rappresentavano una maggiore sicurezza dal punto di vista della solidità finanziaria. Tale timore è proseguito anche nel 2012 ed è scomparso quando Mario Draghi in una famosa dichiarazione fece intendere che la Banca Centrale Europea da lui presieduta non sarebbe stata a guardare ma invece avrebbe fatto di tutto per salvare l'euro e dato che una banca centrale gode di risorse praticamente illimitate questo ha calmato i mercati, soprattutto la speculazione:



Come ha poi chiarito Marcello Minenna che è intervenuto subito dopo, negli Stati Uniti c'è un differenziale, uno spread, tra i titoli emessi dai vari Stati anche se questo è contenuto in quanto l'ammontare dei deficit e quindi degli importi chiesti in prestito sono decisamente inferiori sia rispetto a quello federale che paragonati a quelli degli Stati dell'eurozona. Se anche noi avessimo un bilancio federale consistente e quello dei singoli governi di gran lunga inferiore stia tranquillo Del Monaco e chi come lui che lo spread risulterebbe minimo come è appunto negli USA.
Ma soprattutto quello che determina questi squilibri è il timore che uno Stato possa uscire dall'euro o che l'intera eurozona possa dissolversi. Se i mercati fossero convinti dell'unità non avrebbero ragione per creare queste differenze, almeno non così nette come abbiamo visto in passato. Negli USA non c'è chi pensa che l'Arizona, il Delaware o altri chiedano l'uscita dal dollaro o dalla federazione stessa! Chi alimenta questi nervosismi e quindi lo spread sono proprio coloro che lanciano proclami contro l'Unione Europea con accuse poi del tutto infondate e ridicole.

"60 miliardi pagati ai fondi salvastati per salvare le banche tedesche e francesi"

Del Monaco ha fatto riferimento ad un unico fondo salvastati al quale, secondo lui, avremmo versato 60 miliardi e che ha visto l'obiezione dell'allora ministro Tremonti all'atto del conferimento della nostra quota in denaro, ma credo che sia una gaffe anche qui dovuta all'emozione dato che ritengo che egli sia informato che i fondi salvastati sono stati due: EFSF prima e l'attuale ESM.
In ogni caso gira spesso questa informazione errata che l'Italia abbia versato tale cifra, addirittura per salvare le banche francesi e tedesche, e questa è poi una colossale stupidaggine!
Innanzi tutto rivediamo i conteggi e poi passiamo all'uso fatto degli aiuti.
I miliardi raccolti tramite emissione di titoli di Stato sono ben inferiori ai 60 millantati, sono infatti circa 24,32:
  • 10 miliardi concessi alla Grecia con un accordo bilaterale quando il loro governo non fu più in grado di accedere ai mercati a tassi accettabili per finanziarsi. Dato che la UE non disponeva di una misura per intervenire fu chiesto ai singoli Stati di aiutare la Grecia raccogliendo loro il denaro e noi facemmo la nostra parte per tale ammontare che è da considerarsi un prestito, non una regalia.
  • 14,32 miliardi sono la nostra quota di competenza versata all'attuale fondo ESM per la costituzione di complessivi 80 mld quale capitale iniziale, capitale necessario per consentire al fondo di emettere obbligazioni attraverso le quali raccogliere sul mercato il denaro per finanziare i Paesi in difficoltà.
Gli altri miliardi sono quelli riferiti all'ormai ex fondo salvastati EFSF, il quale raccoglieva denaro emettendo obbligazioni garantite dagli Stati dell'eurozona. Eurostat chiese che l'ammontare di queste garanzie fossero incluse a bilancio sebbene non avesse comportato una effettiva uscita di denaro, da qui anche la ragione di non includere nei conteggi del debito tale ammontare quando si fa riferimento ai parametri di bilancio - deficit e debito - da osservare (Maastricht prima e Fiscal Compact ora). Insomma questa quota - la maggiore - riguarda una mera garanzia, una fidejussione, non un effettivo esporso.
L'inganno nasce da una approssimativa quanto errata interpretazione di questo grafico pubblicato in più occasioni, sebbene aggiornato, dalla Banca d'Italia:


Del Monaco - e non solo - può tranquillamente chiedere conferma alla nostra banca centrale se l'area di colore viola e corrispondente alla quota riferita al nostro contributo di competenza al fondo EFSF riguardi un effettivo esborso oppure come sto affermando una semplice garanzia.

Per quanto riguarda l'introduzione dei fondi salvastati è opportuno ricordare che si è giunti a questo su richiesta dei Paesi in crisi, quelli debitori, non dei creditori (in primis Francia e Germania).
La tesi che attraverso questi si siano salvate le banche di questi due Paesi è una semplice fesseria. Basta confrontare gli importi ai quali le banche dei due Paesi erano esposte, ad esempio in Grecia, con quanto hanno poi i rispettivi governi (i loro contribuenti per la precisione) versato sia con accordi bilaterali che poi al fondo ESM (21,6 mld per la Germania e 16,2 per la Francia) e verificare che il saldo netto ammonta ad una cifra del tutto irrilevante rispetto a quanto messo in campo complessivamente tra esporsi veri e propri e garanzie per sostenere i rispettivi sistemi bancari di fronte alla crisi finanziaria. Basti pensare che il governo tedesco ha impegnato oltre 250 mld, vogliamo dire che le banche tedesche sarebbero saltate per qualche decina in più che il governo non avrebbe potuto mettere (rammento che all'epoca era possibile in casi eccezionali come quello l'intervento pubblico)?
Una interessante analisi sull'esposizione in Grecia delle banche straniere è stata condotta dalla dott.ssa Silvia Merler e pubblicata sul sito LaVoce.info dal titolo: "Chi è (ancora) esposto al rischio greco" (cliccare per leggere l'articolo).
C'è da aggiungere anche gli aiuti alla Spagna e ad altri Paesi, vero, ma la domanda è: nel caso non si fosse provveduto ad aiutare in questo modo le nazioni in crisi siamo sicuri che sarebbero saltati i Paesi con maggiore solidità? E quale conseguenza avrebbero subito i Paesi debitori, la loro economia? Del Monaco ha idea di cosa significhi un crollo del sistema bancario di una nazione? O fa parte di quelli che pensano che l'indomani sia sufficiente creare una banca centrale che con un click rispristini conti correnti di famiglie e imprese?

"Tremonti voleva impegnarsi con i fondi salvastati sulla base della quota di partecipazione alla Banca Centrale Europea (o dell'effetiva esposizione ai Paesi in crisi - non si capisce bene)"

Non si capisce bene cosa Del Monaco addebiti all'allora ministro Tremonti, perché prima dice che egli si oppose alle quote di partecipazione ai fondi salvastati proposte perché voleva le stesse di quelle alla BCE, ma poi prosegue che lui voleva assegnare quote in proporzione al livello di esposizione di ciascun sistema bancario sottolineando che noi eravamo ad esempio esposti un decimo dei tedeschi.
In ogni caso le quote di partecipazione ai fondi EFSF prima e ESM poi sono quelle verso la BCE, si tratta di quote rimodulate per via che partecipano al capitale della BCE anche banche centrali di Paesi che non fanno parte dell'eurozona e che insieme rappresentano il 30% circa del capitale, pertanto quella detenuta da quelle dell'eurozona ammonta al restante 70%. Come conseguenza la quota di ciascun Paese nella costituzione del fondo salvastati viene aumentata del 43% circa (100/70). L'Italia passa da un 12,5% di quota verso la BCE ad un 17,9% ai fondi EFSF e ESM e la Germania da 18,9% a 27% rispettivamente.

Sulla seconda considerazione, detta o meno da Tremonti, calo un velo pietoso. La mia opinione personale è che questa affermazione se davvero l'ha detta Tremonti è successiva, facilmente l'ha espressa per dire che a conti fatti potevamo chiamarci fuori dal partecipare ai fondi salvastati dato che non ne abbiamo avuto bisogno.

"Mario Draghi a maggio 2011 disse che i nostri conti pubblici erano in ordine, ad agosto arrivò la lettera della BCE che ci imponeva misure come quella della legge Fornero (in seguito approvata dal governo tecnico)"

Non so dove Del Monaco abbia letto o sentito tale affermazione, perché riguardando quello che fu l'ultimo intervento ufficiale di Mario Draghi nella veste di governatore della Banca d'Italia le sue valutazioni in merito allo stato di solidità dei nostri conti pubblici erano ben diverse:

(da Considerazioni finali del governatore della Banca d'Italia - 31.05.2011)
e ancora più riguardante la situazione italiana:


E' vero, non ha lanciato alcun allarme sui conti pubblici, d'altronde non c'era necessità a maggio 2011, ma ha fatto ben chiaramente capire che era assolutamente necessario procedere ad una politica fiscale più virtuosa.
Da luglio 2011 più che sui conti pubblici ci fu l'emergenza di calmierare i mercati e questo lo poteva fare solo la BCE dietro un impegno da parte del nostro governo di attuare proprio quanto Draghi espresse pochi mesi prima e solo dopo questo la BCE stessa procedette all'acquisto di oltre 100 mld di nostri titoli per contrastare la speculazione. La nostra Banca d'Italia avrebbe avuto da sola la medesima capacità?


"Dietro il debito privato c'è il credito all'esportazione, in questo caso da parte della Germania che presta il denaro ai vari Paesi per l'acquisto dei propri prodotti"

Premesso che le banche chiedono ed ottengono prestiti da altre banche così come i cittadini lo ottengono dalle banche stesse, è pacifico che a prestare siano istituti di credito di quei Paesi la cui economia sia florida e quindi anche la situazione finanziaria.
Del Monaco cita l'esempio della Grecia che ha letteralmente del ridicolo: le banche tedesche (lui cita quale esempio la Deutsche Bank) prestavano denaro a quelle greche affinchè i greci acquistassero le automobili tedesche (citando quale esempio Volkswagen).
Allora, che il debito privato greco sia aumentato considerevolmente tra l'ingresso nell'eurozona (2001) e l'avvento della crisi (2008) è vero:



ma pensare che sia servito ad acquistare automobili o altri generi dalla Germania è del tutto ridicolo. Nel 2008, anno di massimo livello raggiunto dall'economia greca, le esportazioni tedesche in Grecia di autoveicoli per il trasporto di persone (Personenkraftwagen) e di veicoli commerciali (Lastkraftwagen) sono ammontate rispettivamente a 978 milioni e 131 milioni di euro:



Insomma 1,1 mld di euro complessivi, un po' pochi - sebbene riferiti ad un solo anno - per giustificare l'incremento di oltre 182 miliardi di debito privato tra il 2001 e il 2008, no? Non è che con i prestiti i greci abbiano acquistato altro, magari immobili ad esempio anziché BMW, würstel e crauti?
Per fare un raffronto basta dire che quell'anno noi importammo autoveicoli dalla Germania per 12,3 mld ed i Paesi Bassi per 3,3 mld, Paesi Bassi che non avevano nè hanno tutt'ora necessità di un cosiddetto vendor financing per acquistare prodotti dall'estero e dalla Germania in particolare visto che registrano un surplus delle partite correnti ancora maggiore dei tedeschi rispetto al proprio PIL.

A seguire Del Monaco afferma che la crisi greca sarebbe iniziata dall'impossibilità dei cittadini greci di pagare le rate sui prestiti contratti. Ecco, farebbe bene a ripassare gli eventi perché la crisi in quel Paese nacque dall'ammissione del governo appena insediato e per bocca del presidente George Papandreou che a fine 2009 dichiarò che i precedenti governi greci avevano falsificato i dati di bilancio dei conti pubblici per permettere alla Grecia di entrare nell'euro e denunciò il rischio di bancarotta del Paese. A seguito di questo le banche straniere decisero di non esporsi e di far rientrare i capitali prestati, o meglio di non rinnovarne.

"Il debito pubblico è aumentato dal 116% del 2011, ultimo anno del governo Berlusconi, al 129% nel 2013 a seguito della 'cura' Monti"

I dati sono corretti, ma Del Monaco però commette l'errore diffuso di addebitare al governo tecnico di Mario Monti le manovre di politica fiscale. Sorvolando sul fatto che è il Parlamento che approva le leggi e quindi le misure che il governo Monti potè solo proporre, la maggior parte delle misure furono decise proprio dal governo Berlusconi nell'estate del 2011 con efficacia finanziaria nel biennio 2012-2013. Il governo Berlusconi IV poi, dal 2008 al 2011, vide aumentare il peso del debito dal 102% al 116% del PIL. Fu dovuto alla crisi che fece scendere il PIL, vero, però Monti si trovò nella condizione di difficoltà nell'ottenere denaro sul mercato a tassi sostenibili, questo fattore spesso non viene tenuto in debita considerazione. Nell'invocare deficit si dovrebbe tenere conto che dall'altra parte ci deve essere chi ti presta il fabbisogno a costi accettabili, tassi che non puoi imporre ma solo concordare presentandoti con i conti di casa in ordine.

"La Banca d'Italia dovrebbe tornare sotto il controllo del governo"

Tralascio la ragione di politica economica neoliberista vs keynesiana dove, secondo Del Monaco, alla base della quale ci sarebbe stata la separazione della nostra banca centrale dal (ministero del) Tesoro e quindi dal governo che è una fesseria bella e buona (Keynes non ha mai sostenuto che la banca centrale dovessere essere controllata dal governo, né ha mai sostenuto che il governo debba sostenere costantemente deficit per pagare le proprie spese incrementando il debito rispetto al PIL), mi farebbe piacere sapere da Andrea Del Monaco quali Paesi al mondo hanno ancora una banca centrale dipendente dal governo.

Le altre affermazioni essendo valutazioni di carattere politico o comunque opinionistico non le commento, benchè condite con farneticazioni antitedesche, ciascuno è libero di esprimere la propria opinione. Altra cosa però sono le sciocchezze belle e buone.

mercoledì 16 agosto 2017

BCE-Corte Costituzionale Federale di Karlsruhe, una pantomima tedesca

Martedì scorso la Corte Costituzionale Federale della Germania ha inoltrato alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la richiesta di verifica di legittimità del programma di acquisto di titoli pubblici ed obbligazioni private operato dalle banche centrali dell'eurosistema per conto della Banca Centrale Europea, in sostanza l'attuale Quantitative Easing. E' una richiesta già presentata in passato sulla base sempre di obiezioni provenienti dalla Germania alla quale la Corte di Giustizia dell'Unione Europea con sede in Lussemburgo ha risposto che tale programma di 'allentamento quantitativo' è del tutto legittimo. Insomma siamo alla reiterazione di una pantomima tedesca che va contestualizzata nella attuale campagna elettorale in corso, in vista delle elezioni federali di Ottobre.

Ma per comprendere la questione occorre fare delle premesse. Una è quella appunto delle elezioni che comportano da parte delle forze politiche di opposizione di appellarsi a qualsiasi argomento pur di fare presa sull'elettorato e, come avviene anche in Italia, anche in Germania tra i temi più sentiti vi sono quelli dell'immigrazione, della sicurezza ed appunto della situazione economica, in particolare la politica monetaria condotta dalla Banca Centrale Europea che secondo molti tedeschi metterebbe a rischio i loro risparmi ed i rendimenti degli investimenti.
A riprova di questo - ingiustificato - diffuso timore una chicca: ogni anno la banca centrale tedesca, la Deutsche Bundesbank, apre le porte al pubblico e consente ai cittadini di visitare la sede a Francoforte sul Meno e di porre domande al presidente, che attualmente come sappiamo è Jens Weidmann. Bene, quest'anno l'evento è avvenuto nei giorni 1 e 2 Luglio scorsi ed il primo giorno, sabato 1 Luglio, indovinate quale è stata la prima domanda posta a Weidmann da un comune cittadino?
Esattamente!
Lo si può ascoltare al minuto 4 di questo video da quel signore con gli occhiali nell'immagine sotto che appunto chiede al presidente della Bundesbank chiarimenti circa l'attuale politica della BCE e gli effetti sui risparmi (cliccare sulla immagine per accedere al video):

Incontro del presidente Jens Weidmann con il pubblico 
Si sono poi susseguite altre domande da parte del pubblico, sempre riferite alla politica della BCE, alle quali Weidmann ha sempre risposto con chiarezza cercando di tranquillizzare i timori espressi.
In ogni caso larga parte dell'opinione pubblica tedesca non si stente sicura e tende ad ascoltare i proclami allarmistici di alcuni partiti di opposizione.

Le seconda premessa che occorre fare riguarda la possibilità in Germania, diversamente da quanto ad esempio è previsto da noi, che ogni cittadino possa rivolgersi direttamente alla Corte Costituzionale Federale.
Il ricorso alla Corte di Karlsruhe infatti è stato effettuato non dal governo di Angela Merkel, ma da tre cittadini tra cui due esponenti politici: Bernd Lucke, fondatore del partito Alternative für Deutschland (AfD), e Peter Gauweiler, ex vice presidente della CSU (Unione Cristiano Sociale della Baviera) ed ex parlamentare del Bundestag dimessosi da entrambe le cariche nel 2015 proprio a causa del suo dissenso in merito alle politiche di salvataggi europei. Il terzo è il Prof. Markus Kerber, ex Direttore Generale della BDI (la Confindustria tedesca) e membro dell'associazione Friedrich A. von Hayek-Gesellschaft con sede a Berlino.
I tre sostengono che il rischio che la Germania si starebbe assumendo a causa di questa politica monetaria sarebbe troppo alto e hanno quindi chiesto alla Corte di Karlsruhe (dove ha sede la Corte Costituzionale Federale tedesca) di intervenire bloccando il Quantitative Easing o in alternativa di obbligare la Bundesbank a non partecipare più al programma.

Per quanto riguarda la legittimità del programma da parte della BCE, la Corte di Karlsruhe non ha potuto fare altro che rivolgersi a quella di competenza: la Corte di Giustizia dell'Unione Europea dato che riguarderebbe la presunta violazione di un articolo del Trattato dell'Unione Europea, quello sul divieto di finanziamento agli Stati: art.123 (ex art.101 TCE):
  1. Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate "banche centrali nazionali"), a istituzioni, organi od organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali.
  2. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell'offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati.
L'esito di questa richiesta è praticamente scontato, in virtù della precedente sentenza del 2015 che dava piena legittimità al programma deciso dalla BCE.

Più controversa, anche se sempre di difficile accoglimento, è la parte che riguarda espressamente la questione interna, ovvero la Costituzione tedesca. Qui occorre spiegare alcuni aspetti per comprendere le ragioni di questo ricorso da parte dei tre esponenti sopracitati ed è una questione che vede coinvolgere più i giuristi che gli economisti, in particolare i costituzionalisti. Devo quindi prenderla un po' alla larga per arrivare al punto centrale in questione.

La Legge Fondamentale della Germania (la Costituzione, qui nella versione in lingua inglese dal sito del Ministero di Giustizia) o Grundgesetz in tedesco, così come recita anche la nostra Costituzione, prevede che il potere venga esercitato dai cittadini attraverso i loro rappresentanti eletti (art.20 comma 2). Il potere di controllo riguarda anche l'aspetto finanziario e di bilancio, infatti questo deve essere approvato dal Bundestag se federale, e se coinvolge anche gli Stati federati (Länder) anche dal Bundesrat, o dai rispettivi governi se riguarda lo specifico Stato (Land). In sostanza a livello centrale il governo di Berlino non può spendere nulla che non sia approvato dal Bundestag, se ciò avvenisse verrebbe a mancare il principio di potere di controllo o di sovranità da parte dei cittadini, anche se indiretto via loro rappresentatnti in Parlamento (Bundestag). Questo è riscontrabile dagli articoli che riguardano appunto la materia (dal 104a al 115 della German Basic Law).

E' ad esempio questo fattore quello che impedisce alla Germania di accettare gli euro bond, perché questi, che sarebbero emessi da ciascun Paese ma coinvolgendo gli altri quanto a garanzia del loro pagamento a differenza di quelli attuali dei quali è responsabile il solo governo che li emette, costringerebbe in sostanza a concedere un assegno in bianco a fronte di un eventuale mancato pagamento. In pratica, se ad esempio un Paese non procedesse al pagamento di un titolo da questi emesso, sarebbero chiamati gli altri a farlo in ragione della propria quota di appartenenza dove la Germania ha quella più alta, ma non potendo stabilire a priori l'ammontare il governo di Berlino si troverebbe a dover pagare un conto non autorizzato dal Bundestag e quindi in violazione dei principi costituzionali vigenti.
Altra questione sono invece i fondi salvastati, rispettivamente l'ex EFSF e l'attuale ESM. In questo caso l'ammontare a carico di ciascun Paese membro era precedentemente preventivato e per la Germania sottoposto all'approvazione del Bundestag. Nel caso del ricorso contro il fondo permanente ESM ad esempio, la Corte di Karlsruhe ha sentenziato che esso non viola la Legge Fondamentale ma ha stabilito che in caso di prossime richieste da parte di questo, circa interventi finanziari, questi devono di volta in volta essere autorizzati.
In sostanza il Bundestag ha approvato a suo tempo la partecipazione della Germania al fondo ESM con il conseguente impegno nominale (190 mld di euro a fronte del 27% circa di quota di competenza, dei quali 21,7 mld già versati a fronte del capitale iniziale di funzionamento). Se in seguito il fondo dovesse chiedere altri interventi che rientrano nella cosiddetta quota callable (cioè la parte rimanente pari a 190 - 21,7 mld. = 168,3 mld circa) la Corte di Karlsruhe ha sentenziato che questi devono essere di volta in volta approvati dal Bundestag.


A questo punto si giunge all'obiezione in questione: l'attuale programma di acquisto deciso dalla BCE ed attuato dalle banche centrali nazionali, tra cui la Bundesbank, hanno una possibile ripercussione sul bilancio tedesco e violano le norme costituzionali?
Personalmente faccio fatica ad accogliere una obiezione di questo tipo ma non sono un costituzionalista e quindi la mia è solo una semplice opinione, come opinione è che finirà tutto in una bolla di sapone dal sapore puramente elettoral-propagandistico.
Oggi, tra l'altro, proprio il Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha dichiarato che la BCE non sta oltrepassando i limiti del proprio mandato!

mercoledì 17 giugno 2015

Alcuni chiarimenti sui fondi salvastati EFSF e ESM

Mi è capitato di leggere un po' dappertutto e anche su testate nazionali affermazioni imprecise circa il funzionamento dei fondi salvastati EFSF e ESM riguardanti il loro funzionamento ed il modo in cui finanziano gli Stati a cui viene concesso loro l'aiuto, ma soprattutto le fonti di finanziamento. Facciamo allora un po' di chiarezza.

Premessa
I fondi salvastati sono stati creati a seguito della crisi finanziaria del 2008 che ha messo in difficoltà alcuni Paesi dell'area euro i quali si sono trovati nella condizione di non riuscire a collocare i titoli del debito emessi dal proprio governo a condizioni (leggi tassi di interesse) accettabili. Per questa ragione nel Giugno del 2010 è stato creato in via provvisoria il fondo European Financial Stability Facility (EFSF) con il compito di dare sostegno finanziario ai Paesi dell'area euro in difficoltà e i cui Paesi costituenti sono proprio i 17 (all'epoca) membri. In seguito, nell'Ottobre del 2012, ha preso il via un secondo fondo, questo permanente: lo European Stability Mechanism (ESM) e dal 1 Luglio 2013 il precedente EFSF ha terminato la sua operatività e rimane attivo solo per concludere l'impegno assunto nei confronti della Grecia e terminerà definitivamente di esistere una volta che riceverà il rimborso di tutti i prestiti assegnati.

EFSF
Questo fondo è stato funzionale ad aiutare finanziariamente Irlanda (17,7 mld €), Portogallo (26 mld €) e Grecia (143,6 mld €). La capacità complessiva di prestito era prevista in 440 miliardi di euro per un importo complessivo garantito da parte degli Stati membri di 780 miliardi di euro. Cioè i 17 Stati costituenti hanno sottoscritto una garanzia fino a 780 miliardi complessivi a fronte di una possibilità (o capacità) di prestito fino a 440 miliardi di euro.

Quello che leggo spesso in giro e che non corrisponde alla realtà è dove il fondo raccoglie il denaro che usa per darlo in prestito ed il ruolo assunto dai 17 Stati membri.

Il fondo EFSF, così come il successivo ESM, non usa alcun contributo dai Paesi sottoscrittori, ovvero raccoglie i fondi emettendo sul mercato obbligazioni garantite dagli Stati membri.

Per cui a fronte degli aiuti concessi a Irlanda, Portogallo e Grecia per complessivi 187,3 miliardi di euro sono state emesse obbligazioni collocate sul mercato, obbligazioni acquistate da investitori vari a tassi relativamente bassi e sicuramente inferiori a quelli che i singoli Paesi in difficoltà avrebbero potuto contrattare.
Gli Stati membri del fondo EFSF garantiscono la copertura di queste obbligazioni in misura pro-quota secondo la seguente tabella (fonte EFSF):


Come si può notare i tre paesi che hanno ricevuto aiuti più Cipro non hanno dovuto garantire nulla in quanto beneficiari.
Alcuni credono che gli importi concessi loro siano stati versati dai restanti partner, Italia compresa, ma non è così! Il denaro proviene da chi ha acquistato le obbligazioni mentre i partner devono solo garantire pro quota il loro ammontare. Un elemento che trae in inganno è un grafico pubblicato dalla Banca d'Italia che mostra l'impegno finanziario italiano a fronte dei fondi salvastati:


Osservandolo si potrebbe dedurre che l'Italia abbia versato circa 60 miliardi di euro quale sostegno finanziario ai paesi dell'Unione Europea e Monetaria (UEM), ma non è esattamente così. Questo grafico mostra in realtà il peso sul debito pubblico di tre voci: i prestiti erogati a seguito di accordi bilaterali (circa 10 mld); i quasi 36 miliardi quale garanzia dei prestiti effettuai dal fondo EFSF ed infine i 14,33 miliardi effettivamente versati al fondo ESM di cui rimando la spiegazione.
Veniamo alla seconda voce, i circa 36 miliardi abbinati al fondo EFSF. Questi non sono stati versati ad alcuno ma sono solo la quota di garanzia di nostra competenza derivante dal totale che il fondo ha concesso: 187,3 miliardi. Dalla tabella sopra si vede che la nostra quota di competenza è del 19,2233% da cui si ottengono appunto i quasi 36 miliardi.

Ma se questi soldi non sono stati versati perché rientrano nel debito pubblico?
Semplicemente perché stando ad una nota diffusa da Eurostat (l'ente di statistica europeo), il fondo EFSF, a differenza del fondo ESM, non è riconosciuto come organismo internazionale e quindi contabilmente la quota di garanzia anche se non versata, né al fondo né tantomeno ai Paesi beneficiari di aiuti, deve aggiungersi all'ammontare del debito pubblico già presente. Insomma è una semplice regola contabile.

Questo comporta che solo nel caso i Paesi beneficiari di aiuti non rimborsassero i rispettivi prestiti saremmo chiamati a farlo noi assieme agli altri partner versando tutto o parte di quell'ammontare, cioè per il fondo EFSF circa 36 miliardi. Se invece venisse rimborsato tutto, allora non saremmo chiamati a versare alcunché e alla fine l'ammontare verrebbe stornato dal totale del debito pubblico.
Questa precisazione è doverosa visto che in questo periodo si parla di un possibile default della Grecia e delle possibili conseguenze. Noi abbiamo prestato con accordi bilaterali alla Grecia 10 miliardi e 27 miliardi circa sono quelli impegnati quale garanzia a fronte dei 143,6 miliardi complessivi concessi dal fondo EFSF. Questo impegno quindi si trasformerà in esborso effettivo solo in caso di insolvenza da parte della Grecia ed il cui ammontare dipenderà dall'entità del mancato pagamento sulla base della quota di nostra competenza (19,2233%).

ESM
Il fondo ESM si comporta come il precedente solo che si differisce dal fatto che ha una personalità giuridica internazionale, cioè è un organismo di diritto internazionale e possiede un proprio capitale.
La sua capacità di prestito è di 500 miliardi di euro mentre il capitale sottoscritto è di 704,8 miliardi e le quote di competenza per nazione sono indicate nella seguente tabella (fonte ESM):


L'Italia ha una quota di competenza del 17,8643% a cui corrispondono 125,4 miliardi di euro. Del totale sottoscritto, una parte pari a 80,55 miliardi è stata versata quale capitale di funzionamento e garanzia (Paid-in Capital) e la quota di nostra competenza è stata pari a 14,33 miliardi, il cui versamento è stato interamente effettuato in 4 rate: Ottobre 2012 - Aprile 2013 - Ottobre 2013 - Aprile 2014.
L'ammontare restante per complessivi 624,3 miliardi sarà richiesto solo se necessario (Committed Callable Capital) in caso si dovessero concedere aiuti ingenti ma in particolare se qualche beneficiario non dovesse rimborsare quanto ricevuto.
Il fondo ESM infatti raccoglie il denaro emettendo obbligazioni ad alto rating, quindi a condizioni particolarmente favorevoli, e lo usa per il sostegno ai Paesi in difficoltà. Il capitale versato invece rimane investito in titoli ad alta affidabilità e non viene usato per prestiti.
Finora il fondo ESM ha concesso aiuti alla Spagna (ristrutturazione settore bancario) per 41,3 miliardi di euro di cui 3,1 già restituiti e a Cipro per 9 miliardi di cui 5,7 miliardi già consegnati.


Chi ritiene che i 14,33 miliardi di euro versati al fondo ESM siano da considerarsi a fondo perduto si sbaglia, questi sono da ritenere la parte di nostra competenza in conto capitale nel fondo, che in caso di scioglimento dello stesso o di nostra uscita ci verrebbero rimborsati. Si eviti quindi di generare allarmismi o inutili sentimenti ostili facendo intendere che i contributi ai fondi salvastati siano soldi persi quando non è così.

mercoledì 26 marzo 2014

Cos'è e come funziona il fondo salva-stati ESM

Nel 2008 come sappiamo è arrivata una tempesta finanziaria che poi ha provocato una crisi economica dalla quale stiamo ancora cercando a fatica di uscirne. Alcuni Paesi come Irlanda, Grecia, Portogallo, Cipro, Romania, Ungheria, Lettonia e Spagna sono stati coinvolti a tal punto che si è reso necessario l'aiuto esterno per evitare il collasso dell'intera economia.
L'Unione Europea decise di intervenire attraverso la costituzione di fondi cosiddetti salvastati per raccogliere denaro e prestarli a chi oramai non riusciva a ottenerli sui mercati a tassi accettabili.

Si è iniziato con il EFSM (European Financial Stabilisation Mechanism), poi per la zona euro si è attivato il EFSF (European Financial Stability Facility) e recentemente il ESM (European Stability Mechanism) che sostituisce il EFSF, il quale sarà operativo fino a quando i Paesi che hanno ottenuto aiuti attraverso esso (Irlanda, Portogallo e Grecia) non avranno restituito l'ultima rata (2051).
Il fondo ESM è stato attivato il 08/10/2012, ha carattere permanente e ha l'obiettivo di intervenire in aiuto a quei Paesi dell'area euro che dovessero trovarsi in difficoltà a reperire sui mercati denaro a tassi sostenibili.
Attorno ad esso sono giunte da più parti forti critiche ed è presente molta disinformazione, soprattutto per come è organizzato.

Senza fare discorsi troppo tecnici ed essere quindi semplici nell'illustrare le sue caratteristiche si può dire che lo si può considerare come una grossa società finanziaria. Come tutte le società deve quindi possedere un capitale. Ebbene, si è deciso che questo capitale fosse in termini nominali pari a 700 miliardi di euro, poi con il recente ingresso della Lettonia è stato portato a 701,9 miliardi di euro. Questo capitale è nominale perchè solo sottoscritto, cioè i 17 Paesi, ora 18 con la Lettonia, si sono impegnati a versare ciascuno la propria quota nel caso ce ne fosse bisogno e per capire il significato passiamo a spiegare il suo funzionamento.

Come scritto precedentemente bisogna immaginare questo fondo come fosse una qualsiasi società finanziaria a cui occorre assegnare un capitale iniziale di funzionamento 'reale',ovvero versato, per darle modo di operare normalmente sui mercati emettendo obbligazioni garantite dal fondo ESM stesso e secondariamente dalle nazioni dell'area euro.
Questo capitale, il cui ammontare è oggi di 80,2 miliardi di euro, è da versarsi in 5 tranche da 16 miliardi ciascuna dove le prime quattro sono state già pagate e l'ultima è da farsi entro la fine di Aprile 2014.
In ogni caso il fondo ESM ha già iniziato ad operare emettendo obbligazioni con le quali ha raccolto denaro da investitori istituzionali e li ha utilizzati a favore di prestiti concessi a Cipro (9 miliardi) e Spagna (41,3 miliardi).

Questo quindi è già il primo punto da tenere bene a mente: il capitale versato da ciascuno Stato membro non viene utilizzato per essere prestato a favore di quei Paesi in difficoltà, ma è quello raccolto sul mercato emettendo appunto obbligazioni.
Lo Stato o gli Stati beneficiari provvederanno a restituire il prestito e solo nel caso dovessero diventare insolventi e il fondo non avesse le risorse sufficienti a restituire il debito ai creditori sarebbero chiamati in causa i Paesi membri in ragione della loro quota di competenza:



Perchè usare questa formula del fondo e non prestare direttamente il denaro? Semplicemente perchè costa meno in quanto il denaro viene raccolto sul mercato e grazie alla fidejussione di tutti i Paesi dell'eurozona è possibile ottenerlo a costi (tassi di interesse) decisamente bassi.
Il trattato prevede che nonostante il capitale sottoscritto sia di 701,9 miliardi,l'importo massimo che è possibile concedere in prestito è pari a 500 miliardi. La differenza è necessaria per garantire ulteriormente i creditori.

Pertanto le voci che vogliono tutti 701,9 miliardi (125,40 mld per l'Italia) da versare sono false, al momento sono previsti solo questi 80,2 mld (14,33 mld per l'Italia). Il resto sarà richiesto solo all'occorrenza, ovvero in caso di insolvenza da parte di un Paese debitore oppure nel caso sia necessario aumentare la disponibilità di capitale a fronte di un rapporto capitale/passività (prestiti concessi) troppo basso.

Ma chi decide di concedere un prestito e/o di richiedere ai Paesi membri di versare altro capitale sottoscritto? Contrariamente a voci prive di fondamento non sono degli sconosciuti burocrati a farlo.
Il fondo ha due Consigli che lo governano e lo amministrano:

  • Il Consiglio dei Governatori (Board of Governors), costituito dai ministri delle finanze dei Paesi membri.
  • Il Consiglio dei Direttori (Board of Directors) che sono dei tecnici nominati dai governatori in ragione di uno per ogni Stato membro.
Per l'Italia abbiamo quindi il ministro Padoan che svolge il ruolo di Governatore in rappresentanza dell'Italia e Vincenzo La Via quella di Direttore, il quale è anche il Direttore Generale del Tesoro presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Le decisioni sia del Consiglio dei Governatori che di quello dei Direttori devono essere prese all'unanimità, a maggioranza del 80% oppure dei 2/3 a seconda di quanto contemplato.
Se un Paese si trovasse nelle condizioni di dover chiedere aiuto, deve presentare richiesta al Presidente del ESM e quindi al Consiglio dei Governatori. Poi la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea ed eventualmente il Fondo Monetario Internazionale vagliano la richiesta, le condizioni del richiedente e formulano un memorandum di intesa che se condiviso viene quindi approvato e passato al Consiglio dei Direttori che deve approvare la parte esecutiva e dare il via agli aiuti . Insomma il nostro Paese, così come tutti quelli membri, non sono esclusi da ogni decisione ma al contrario hanno eguale voce in capitolo.