lunedì 14 novembre 2016

YES WE DID IT! Otto anni di presidenza Obama

Sono passati esattamente otto anni da quando Barack Obama, candidato per il partito democratico, vinse per la prima volta le elezioni presidenziali statunitensi battendo il repubblicano John McCain con l'oramai famoso slogan "Yes we can". Obama ereditò una nazione in piena recessione, iniziata nel Dicembre del 2007 e terminata solo nel Giugno del 2009, ovvero sei mesi dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Una recessione che per entità è stata la peggiore dal dopoguerra. Le due amministrazioni Obama hanno riportato la nazione sulla via della crescita, ha rimesso in sesto il sistema finanziario, ha evitato il fallimento delle tre grandi aziende automobilistiche, Chrysler in testa,  riassorbito la pesante disoccupazione che si era venuta a creare, ha dato assistenza sanitaria ai meno abbienti grazie al programma Obamacare, ha sottoscritto accordi internazionali sul clima (COP21), ha introdotto un salario orario minimo federale a 7,25 USD e ridotto la povertà, sia in termini assoluti che in rapporto alla popolazione.
Ma rivediamo alcuni numeri macroeconomici da inizio 2009 a fine 2015.

Prodotto Interno Lordo
Il PIL a prezzi correnti del 2008, quindi a fine mandato del suo predecessore - il repubblicano G.W.Bush - è stato di  14.700 miliardi di dollari, mentre quello del 2015 è giunto a poco meno di 18.000 miliardi, praticamente un +22% in 7 anni, circa il 3% in media di crescita annuale. Un risultato più che apprezzabile considerando le conseguenze della pesante crisi che è terminata solo a metà 2009 e che comunque non ha evitato quell'anno un valore del PIL inferiore all'anno precedente (14.400 mld contro i 14.700 del 2008).


Redditi e povertà
Dai dati del US Bureau of Labour emerge che a Dicembre 2008 gli occupati nella categoria "nonfarm Payroll", cioè ad eccezione degli occupati governativi, di quelli privati presso abitazioni, dei lavoratori nelle organizzazioni no profit e quelli del settore agricolo, erano risultati in totale 134.844 migliaia (quasi 135 milioni). Nel Dicembre 2015 erano 143.146 migliaia ed ad Ottobre di quest'anno - ultimo dato disponibile - erano 144.952 migliaia.


Per contro i disoccupati sono scesi da 11.286 migliaia a 7.904 migliaia a Dicembre 2015 ed a 7.787 migliaia a Ottobre scorso.

Il reddito mediano in base ai dati del US Census Bureau è salito nel 2015 a $56.516 annui, un incremento in termini reali del 5,2% rispetto ai $53.718 del 2014. In pratica nel 2015 il reddito mediano risulta essere del 1,6% inferiore a quello del 2007, ovvero prima della grande recessione, e del 2,4% inferiore al livello massimo toccato nel 1999.


La disuguaglianza nella distribuzione del reddito rimane comunque alta, riscontrabile dall'indice Gini che nel 2015 è stato di 0,479 (scala da 0 - minima disuguaglianza - a 1 - massima disuguaglianza), un valore simile a quello dell'anno precedente e comunque il 5,5% più alto rispetto al 1993, primo anno con dati disponibili, segno della crescente disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza prodotta in questi ultimi decenni.

Il tasso ufficiale di povertà è stato nel 2015 del 13,5%, un 1,4% in meno rispetto al 14,8% del 2014 e 1% in più rispetto al 2007, anno precedente la grande recessione. In termini assoluti il numero di cittadini in condizioni di povertà è stato di 43,1 milioni, 3,5 milioni in meno rispetto al 2014.


Alla luce di questi dati ci sarebbe da chiedersi come mai la candidata del partito repubblicano possa aver perso le elezioni a scapito del tycoon repubblicano Donald Trump, ma questo è un tema da affrontare specificatamente. Si può dire che la chiave risiede nell'analisi delle ragioni per le quali alcuni Stati che sono stati a maggioranza democratica hanno preferito in questa occasione il candidato repubblicano. Vi sono sia questioni sia di malessere sociale, malessere che le due amministrazioni Obama non sono riuscite a risanare, e soggettive riguardanti la non alta fiducia che molti cittadini statunitensi avevano verso Hillary Clinton. E' infatti mia opinione personale che se fosse stato possibile per Barack Obama ripresentarsi alle elezioni quasi certamente l'esito sarebbe stato diverso.
Occorre poi tenere presente che le misure che intraprende un governo non portano benefici immediatamente, ci vuole tempo, mesi o spesso qualche anno perché abbiano pieno effetto. In alcuni Stati, come ad esempio il Michigan, l'elettorato si è spostato verso i repubblicani per la perdita di benessere che avevano in precedenza, legato anche alla delocalizzazione di diverse produzioni - come quella automobilistica - verso il sud della nazione o all'estero, in particolare in Messico. A questo fenomeno Obama poteva fare ben poco, salvo applicare dazi elevati alle importazioni come ha annunciato voler fare Donald Trump, una misura che rischia però di avere conseguenze negative.

In definitiva Obama consegna al suo successore una nazione in ripresa, magari non proprio in ottima salute, ma indubbiamente migliore di quella che ha ricevuto dal suo predecessore, una nazione peraltro impegnata in numerosi conflitti in giro per il mondo. Avrà commesso errori in politica estera, non avrà chiuso Guantanamo come promesso già nella prima campagna elettorale, ma sicuramente in campo economico non lo si può biasimare. Vedremo se Trump sarà in grado di proseguire il cammino segnato da Obama, se non addirittura di fare meglio. Le premesse però non sono promettenti, almeno stando alle intenzioni espresse durante la campagna elettorale.

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