sabato 5 marzo 2016

PIL...quanta confusione!

In questi giorni si è acceso un dibattito attorno alle stime ed ai dati diffusi dall'ISTAT in relazione al Prodotto Interno Lordo italiano per l'anno 2015 ed alla sua variazione rispetto all'anno precedente. In una prima comunicazione il PIL 2015 era dato al +0,8% rispetto al 2014 mentre solo pochi giorni dopo questo è cambiato passando al +0,6%. Come è possibile questa differenza? L'ISTAT ha precisato che nel 2015 il numero di giorni lavorativi è stato maggiore di tre giorni rispetto al 2014 e quindi il risultato rettificato depurandolo di questa differenza è pari a 0,2 punti percentuali in meno.

A questo punto si è assistito ad un confronto tra chi sosteneva che il dato da prendere in considerazione sia quello corretto (+0,6%) e non quello grezzo (+0,8%), confronto che pare però più legato a faziosità di carattere politico che per valutazioni di tipo economico.
Ma chi ha ragione o meglio si affida alla valutazione più attendibile? La risposta è: tutti e nessuno, o meglio... dipende!

Dando per scontato che si sappia cosa sia e come si calcola il Prodotto Interno Lordo, per chi non lo sapesse si limiti a considerarlo come al fatturato di una azienda che corrisponde al Paese nel suo complesso, il fatturato/PIL che emerge per primo alla stessa stregua del fatturato di una qualsiasi azienda è il PIL nominale a prezzi correnti. Infatti tutte le aziende a bilancio calcolano il proprio fatturato in base ai prezzi di vendita effettivamente realizzati e così è anche per il PIL di un qualsiasi Paese.

Ma se desideriamo calcolare una variazione in un senso (crescita) o nell'altro (calo) in termini reali, cioè non conseguenti alla variazione dei prezzi e quindi riferita alla effettiva variazione in termini di volume scambiato, ovvero di quantità di beni e servizi venduti, dobbiamo calcolare questo fatturato/PIL depurandolo delle variazioni di prezzo e quindi a prezzi costanti. Questo risultato ci fornisce quindi la variazione reale di fatturato/PIL tra due periodi. Questi due valori sono stati diffusi dall'ISTAT con la comunicazione in data 01 Marzo 2016:


Come si nota, inizialmente la comunicazione dell'Ufficio Nazionale di Statistica ci fornisce il dato grezzo del PIL a prezzi correnti (circa 1.636 mld di euro) che comporta una crescita rispetto all'anno precedente pari al 1,5%. Ma parte di questa crescita deriva dall'aumento dei prezzi, così se desideriamo conoscere l'eventuale incremento in termini di quantità di beni e servizi, ovvero in volume, allora dobbiamo effettuare i calcoli mantenendo costanti i prezzi e nella frase seguente l'ISTAT afferma che questa variazione risulta essere sempre positiva ma per un valore dello 0,8%.

A questo punto si può fare presente che una variazione può dipendere da fattori occasionali e che si potrebbe procedere confrontando i dati a parità di giorni lavorativi e depurando il risultato dagli effetti stagionali. Questo perché ragionevolmente si può far notare che una variazione in un senso o nell'altro può derivare dalla semplice differenza dei giorni lavorativi di un anno rispetto ad un altro e che in assenza di questa il fatturato/PIL sarebbe risultato diversamente. Questa è sì una osservazione legittima, ma occorre tenere presente che si tratta comunque di una trattazione in chiave statistica perché il PIL vero e proprio e sul quale si basano poi tutti i calcoli dei parametri macroeconomici di bilancio, per inciso quelli stabiliti dai trattati europei su deficit e debito pubblico, è quello nominale a prezzi correnti. Tutto il resto è artificio statistico per valutazioni specifiche come calcolare la crescita o il calo della ricchezza nazionale prodotta in termini reali.

L'ISTAT con la comunicazione del 04 Marzo 2016 ha fornito quindi la variazione del PIL per il 2015 dopo aver effettuato queste correzioni:


Nella prima parte l'Ufficio di Statistica comunica i dati su base trimestrale menzionando una terza tipologia di stima effettuata, quella a valori (prezzi) concatenati (*), oltre alla correzione sulla base dei giorni lavorativi e per gli effetti stagionali, e in seguito comunica i dati a livello annuale dove, seguendo la correzione sulla base del calendario, il PIL così determinato risulta essere maggiore rispetto all'anno precedente per lo 0,6%.

(*) Il calcolo a prezzi concatenati differisce da quello a prezzi costanti dal fatto che la serie di dati su cui è costituita la base di calcolo non rimane fissa ma viene variata di periodo in periodo onde fornire una stima più attendibile delle variazioni seguendo così l'evoluzione del mercato.

In fondo non è molto diverso da quello che effettuano molte aziende in cui periodicamente si analizzano i bilanci riferendosi al fatturato effettivamente conseguito, cioè a prezzi di listino. In seguito si analizzano i dati effettuando confronti con i periodi precedenti scorporando l'effetto prezzo e guardando ai volumi (quantità) di vendita e quindi calcolando il tutto a prezzi costanti, cioè prendendo a riferimento quelli di un determinato anno.
E via così si può proseguire prendendo in considerazione i giorni lavorativi dei periodi messi a confronto per determinare le variazioni effettive, non dovute quindi alla semplice differenza di calendario.
In alcuni casi si cerca anche di stimare gli effetti straordinari che si sono subiti per valutare quanto questi abbiano inciso sul risultato finale. Un esempio può essere l'azienda-cliente che subisce un fermo produzione di diversi giorni causa sciopero o calamità naturale e come conseguenza di questo la nostra fornitura si riduce proporzionalmente. Ne deriva una penalizzazione sul risultato finale, cioè una perdita in termini di vendita e quindi di fatturato, e in chiave statistica può risultare utile determinarne l'ammontare onde stimare come sarebbe andato verosimilmente il fatturato in sua assenza, diversamente dalla perdita di un cliente che sceglie di cambiare fornitore che rientra invece negli eventi ordinari e quindi da non considerare in una eventuale stima statistica di questo genere.

P.S.

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